Giornata mondiale della Poesia: tre poesie per tre opere d’arte per omaggiare le Donne

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Giornata mondiale della poesia

Il 21 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Poesia promossa dal 1999 dall’ Unesco. Per questa giornata mondiale della poesia, abbiamo selezionato tre splendide poesie e tre opere d’arte. Il tema delle opere e poesie oggi scelto è incentrato sulla Donna: da Dante a Neruda.

Tamara de Lempicka, Ragazza in verde, 1930-1931, Olio su compensato, 61,5 x 45,5 cm, Parigi, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne / Centre de création industrielle, Acquisto, 1932 (© Tamara Art Heritage. Licensed by MMI NYC/ ADAGP Paris/ SIAE Roma 2015.)
Tamara de Lempicka, Ragazza in verde, 1930-1931, Olio su compensato, 61,5 x 45,5 cm, Parigi, Centre Pompidou, Musée national d’art moderne / Centre de création industrielle, Acquisto, 1932 (© Tamara Art Heritage. Licensed by MMI NYC/ ADAGP Paris/ SIAE Roma 2015.)

Tanto gentile e tanto onesta pare, Dante Alighieri

Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.

Gustav Klimt. Giuditta I. 1901 Olio su tela cm. 84X42 Vienna, Österreichische Galerie Belvedere
Gustav Klimt. Giuditta I. 1901 Olio su tela cm. 84X42 Vienna, Österreichische Galerie Belvedere

Canti – XVIII. Alla sua donna. Giacomo Leopardi

       Cara beltá, che amore
lunge m’inspiri o nascondendo il viso,
fuor se nel sonno il core
ombra diva mi scuoti,
o ne’ campi ove splenda
piú vago il giorno e di natura il riso;
forse tu l’innocente
secol beasti che dall’oro ha nome,
or leve intra la gente
anima voli? o te la sorte avara,
ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?

Viva mirarti omai
nulla speme m’avanza;
s’allor non fosse, allor che ignudo e solo
per novo calle a peregrina stanza
verrá lo spirto mio. Giá sul novello
aprir di mia giornata incerta e bruna,
te viatrice in questo arido suolo
io mi pensai. Ma non è cosa in terra
che ti somigli; e s’anco pari alcuna
ti fosse al volto, agli atti, alla favella,
saría, cosí conforme, assai men bella.

     Fra cotanto dolore
quanto all’umana etá propose il fato,
se, vera e quale il mio pensier ti pinge,
alcun t’amasse in terra, a lui pur fôra
questo viver beato:
e ben chiaro vegg’io siccome ancora
seguir loda e virtú qual ne’ prim’anni
l’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse
il ciel nullo conforto ai nostri affanni;
e teco la mortal vita saría
simile a quella che nel cielo indía.

Per le valli, ove suona
del faticoso agricoltore il canto,
ed io seggo e mi lagno
del giovanile error che m’abbandona;
e per li poggi, ov’io rimembro e piagno
i perduti desiri e la perduta
speme de’ giorni miei; di te pensando,
a palpitar mi sveglio. E potess’io,
nel secol tetro e in questo aer nefando,
l’alta specie serbar; ché dell’imago,
poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.

Se dell’eterne idee
l’una sei tu, cui di sensibil forma
sdegni l’eterno senno esser vestita,
e fra caduche spoglie
provar gli affanni di funerea vita;
o s’altra terra ne’ superni giri
fra’ mondi innumerabili t’accoglie,
e piú vaga del sol prossima stella
t’irraggia, e piú benigno etere spiri;
di qua, dove son gli anni infausti e brevi,
questo d’ignoto amante inno ricevi.

Ginevra Cantofoli le signore dell'arte
Ginevra Cantofoli
Giovane donna in vesti orientali, 1650
Elisabetta Sirani
Olio su tela, 65×50 cm
Padova, Museo d’arte Medioevale e moderna, legato del Conte Leonardo Emo Capodilista, 1864

Corpo di donna, Pablo Neruda

Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
Il mio corpo di rude contadino ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.
Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un’arma,
come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.
Ma viene l’ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d’assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!
Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
e la fatica rimane, e il dolore infinito.

Francesco Hayez, Ruth (1835; olio su tela, 139 x 101 cm; Bologna, Collezioni Comunali d’Arte)
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