vivian maier

Nel 2007 John Maloof, in cerca di fotografie su Chicago, compra a un’asta per 380 dollari una scatola piena di negativi. Appartengono a Vivian Maier. Maloof non trova quello che cerca, ma si rende conto di avere tra le mani un tesoro artistico. Chiede aiuto al MoMa di New York per catalogare quelle fotografie, che sono bellissime ma incredibilmente numerose. Il museo rifiuta. Maloof cerca allora di rintracciare la fotografa, che però sembra inesistente. Organizza allora una mostra per condividere col mondo quegli scatti, che raccolgono subito un successo straordinario.

Maloof compie allora un secondo tentativo per rintracciare Vivian Maier, e questa volta, in effetti, trova qualcosa online: un necrologio. Vivian Maier è morta pochi giorni prima. Quando rintraccia gli autori del necrologio, Maloof scopre che Vivian Maier non era una fotografa di professione, ma una tata e governante, con l’hobby della fotografia e l’abitudine di conservare qualsiasi oggetto le capitasse in mano. «Abbiamo scatole e valigie piene di cianfrusaglie inutili di ogni tipo. Le stiamo portando in discarica. Se vuoi, puoi venire a vedere se c’è qualcosa che ti interessa.»

È così che John Maloof riesce a salvare dalla distruzione oltre 150.000 negativi, film in super 8 e 16mm, diverse registrazioni audio, alcune stampe fotografiche e centinaia di rullini e pellicole non sviluppate. È così che il mondo scopre Vivian Maier. Vissuta nell’anonimato, è annoverata, dopo la morte, tra le personalità più straordinarie della fotografia di strada, accanto a nomi come Diane Arbus, Helen Levitt e Robert Frank.

vivian maier
Self-portrait, 1959 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Gli autoritratti di Vivian Maier

In quella mole enorme di fotografie, scattate nel corso di un’intera vita, principalmente negli Usa, dove lavorava, ma anche nei paesi in cui ha viaggiato, una particolare importanza hanno gli autoritratti. Maier fotografava sé stessa riflessa in vetrine e giochi di specchi, fotografava la propria ombra e il fatto che non abbia mai sviluppato e pubblicato quelle foto dimostra che per lei l’autoritratto era un modo di definire la propria identità.

La mostra Vivian Maier. Shadows and Mirrors, composta da 93 autoritratti, racconta proprio questa ricerca incessante di trovare un senso e una definizione del proprio essere. Ripercorre l’opera di Maier che, attraverso la fotocamera Rolleiflex e poi con la Leica, trasporta idealmente i visitatori per le strade di New York e Chicago. I continui giochi di ombre e riflessi mostrano la presenza-assenza dell’artista, che con i suoi autoritratti cerca di mettersi in relazione con il mondo circostante.

vivian maier
New York. October 18, 1953 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Vivian Maier. Shadows and Mirrors: la mostra

L’esposizione, visitabile a Palazzo Sarcinelli di Conegliano (Treviso), esplora il tema dell’autoritratto di Vivian Maier, dai suoi primi lavori degli anni Cinquanta fino alla fine del Novecento. Un nutrito corpus di opere caratterizzato da grande varietà espressiva e complessità di realizzazione tecnica. Le sue ricerche estetiche si possono ricondurre a tre categorie chiave, che corrispondono alle tre sezioni della mostra.

La prima è intitolata Shadow (ombra). Vivian Maier adottò questa tecnica utilizzando la proiezione della propria silhouette. Si tratta probabilmente delle più sintomatica e riconoscibile tra tutte le tipologie di ricerca formale da lei utilizzate. L’ombra è la forma più vicina alla realtà, è una copia simultanea. È il primo livello di una autorappresentazione, dal momento che impone una presenza senza rivelare nulla di ciò che rappresenta.

vivian maier
Self-portrait, Chicago, 27 luglio 1971 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery

Attraverso il Reflection (riflesso), a cui è dedicata la seconda sezione, l’artista riesce ad aggiungere qualcosa di nuovo alla fotografia, tramite l’idea di autorappresentazione. L’autrice impiega diverse ed elaborate modalità per collocare sé stessa al limite tra il visibile e l’invisibile, il riconoscibile e l’irriconoscibile. I suoi lineamenti sono sfocati, qualcosa si interpone davanti al suo volto, si apre su un fuoricampo o si trasforma davanti ai nostri occhi. Il suo volto ci sfugge ma non la certezza della sua presenza nel momento in cui l’immagine viene catturata. Ogni fotografia è di per sé un atto di resistenza alla sua invisibilità.

Infine c’è la sezione dedicata al Mirror (specchio), un oggetto che appare spesso nelle immagini di Vivian Maier. È frammentato o posto di fronte a un altro specchio, oppure posizionato in modo tale che il suo viso sia proiettato su altri specchi, in una cascata infinita. È lo strumento attraverso il quale l’artista affronta il proprio sguardo.

vivian maier
Self-portrait, New York, 1953 ©Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY

Informazioni utili

La mostra Vivian Maier. Shadows and Mirrors è a cura di Anne Morin in collaborazione con Tessa Demichel e Daniel Buso. Organizzata da Artika in sinergia con diChroma Photography e la Città di Conegliano.

È visitabile fino al 11 giugno 2023, presso Palazzo Sarcinelli a Conegliano (Treviso). Dal giovedì alla domenica e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19. Aperture straordinarie: 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno. Tempo di visita 1 ora (circa). Informazioni più dettagliate sul sito di Artika.

Leggi anche:

Inge Morath, Venezia e la fotografia che immortalava «la quotidianità in tutta la sua precaria bellezza»