interno di un museo

Musei e open access

Di digitalizzazione delle collezioni museali e open access si parla da anni, ma durante la pandemia in molti hanno capito più concretamente quali sono le opportunità correlate. Anche per questo Wikimedia Italia è tornata a parlare in questi giorni di un progetto lanciato alcuni mesi fa. Si tratta di Tutti i musei italiani su Wikipedia, che vuole «raggiungere e coinvolgere in maniera massiva i musei italiani nell’aprirsi e condividere online il proprio patrimonio digitale», come si legge sul sito dedicato.

L’iniziativa è sviluppata in collaborazione con Icom Italia, cioè la sezione italiana dell’International Council of Museums, e l’invito è rivolto a tutti gli oltre 4mila musei italiani, dai più grandi ai più piccoli. Quelli che vogliono aderire dovranno controllare le informazioni e le statistiche che li riguardano su Wikidata e caricare 20 immagini su Wikimedia con licenza CC0, cioè libera da copyright.

«Parliamo della licenza più aperta del mondo» ha spiegato in un’intervista a Wired Iolanda Pensa, la direttrice di Wikimedia Italia, «che concede a chiunque non solo l’uso, ma anche la modifica del dato per tutti gli scopi necessari.» In altre parole, ed è il punto di innovazione del progetto, Wikimedia sta chiedendo ai musei italiani non solo di rendere disponibili gratuitamente immagini delle proprie opere ma anche il loro libero utilizzo per nuove creazioni. E di farlo attraverso Wikipedia, l’enciclopedia libera nata nel 2001 e redatta da autori volontari.

Cos’è l’open access

Open access significa letteralmente accesso libero. Il movimento di richiesta nasce all’interno del mondo accademico per promuovere la libera divulgazione dei risultati delle ricerche, favorendo il confronto e lo scambio di saperi. In particolare ne parla la Dichiarazione di Berlino sull’accesso aperto alla letteratura scientifica del 2007. «La nostra missione di disseminazione della conoscenza è incompleta se l’informazione non è resa largamente e prontamente disponibile alla società. Occorre sostenere nuove possibilità di disseminazione della conoscenza […] sempre più attraverso il paradigma dell’accesso aperto via internet.»

È infatti alle nuove opportunità di internet e del digitale che ci si riferisce in particolare per la condivisione del sapere, non solo più in forma di testi di ricerca ma anche di dati, di immagini, di fotografie, di opere d’arte. Ecco perché il coinvolgimento dei musei è importante. A livello internazionale, tra gli altri, il MET di New York e l’Art Institute di Chicago hanno già reso disponibili gran parte delle proprie collezioni online in formato CC0. In Italia lo fa il Museo Egizio di Torino.

Le licenze CC

CC è la sigla che indica le licenze di libera distribuzione Creative Commons. Il nome è preso da Creative Commons, un’organizzazione statunitense senza scopo di lucro che si occupa di licenze e diritto d’autore. Il suo scopo è facilitare in modo lecito e rispettoso dell’autore la diffusione di opere sul web.

Quando un’immagine ha licenza CC0 significa che ha il più alto grado di libertà di riproduzione. Cioè può essere scaricata, riprodotta, diffusa, modificata, anche a scopi commerciali. Con CC BY significa che tutto ciò è possibile a condizione di citare l’autore, con CC NC solo per scopi non commerciali. CC ND non opere derivate, cioè l’immagine non si può modificare ma solo copiare così com’è. CC SA (share-alike) permette che altri distribuiscano le opere derivate da un’immagine solo con licenze identiche a quella scelta dall’autore dell’immagine, e non maggiormente restrittive.