Le nuove tecnologie applicate all’arte, tra Intelligenza Artificiale, realtà aumentata e ologrammi, ci portano alla scoperta non solo di una nuova estetica ma anche di una dimensione inesplorata della creatività artistica e della sperimentazione. Stiamo indubbiamente attraversando un momento di grande innovazione culturale e tecnologica e gli AI artists con la loro produzione artistica ci accompagnano alla scoperta di nuovi scenari, spesso invitandoci alla riflessione su temi importanti e di attualità.

In occasione di PerformIA, il festival dedicato alle espressioni di intelligenza artificiale che avrà luogo il 23 e 24 settembre a Firenze (e online), ho avuto l’opportunità di incontrare alcuni degli artisti protagonisti di questo atteso evento. Tra gli ospiti di PerformIA troviamo THE CURATORS MILAN, una collettiva di artisti che ha ideato REWILD, un progetto sociale senza fini di lucro che vuole far riflettere sui temi legati al Climate Change, utilizzando l’arte e le nuove tecnologie. I Fondatori & Creative Directors di THE CURATORS MILAN sono Lucia Emanuela Curzi e Frankie Caradonna e si muovono tra sperimentazione, dialogo tra tradizione e innovazione, tecnologie d’avanguardia e importanti messaggi volti a far riflettere lo spettatore. Dal nostro incontro è nata un’intervista di approfondimento che vi invito a leggere. Buona lettura.

THE CURATORS MILAN, REWILD - unnamed Foto By Amir Farzad
THE CURATORS MILAN, REWILD 
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Foto By Amir Farzad

INTERVISTA a Lucia Curzi (LC) e Frankie Caradonna (FC) – THE CURATORS MILAN

RP: Quando e perché nasce The Curators Milan?

LC: L’idea iniziale di The Curators era quella di creare una serie di installazioni che avesse una parte di arte digitale e una parte di arte tradizionale in costante dialogo e con un messaggio forte sul climate change che andasse oltre la risposta all’emergenza climatica e che si ponesse come un movimento artistico il cui senso e’ di rimettere al centro la natura piuttosto che l’essere umano. The Curators si concretizza nel 2020, l’anno della pandemia grazie alla partnership con la galleria Il Vicolo che ci permette di inaugurare la prima mostra durante la zona rossa a Milano e di creare una finestra culturale sulla città in un momento in cui non c’era nessuna iniziativa culturale e la gente era forzata a restare in casa.

FC: In un processo di resilienza, adattabilità e reazione, il collettivo artistico nasce durante il primo lockdown a Milano, quando il Covid ha fagocitato i media e le misure restrittive hanno mortificato il settore dell’arte e della cultura più di ogni altro. Con la galleria Il Vicolo abbiamo in maniera naturale innescato un processo di riflessione e di reazione, dando poi vita a due installazioni artistiche site-specific a Milano. Volevamo riportare l’attenzione del dibattito pubblico sulle conseguenze dell’emergenza climatica e soprattutto sulle cause che l’hanno innescata, con un progetto artistico a più livelli e in un processo che ha coinvolto Università, scienziati, artisti, curatori, creativi, artigiani, designers, musicisti e altre figure in un momento in cui la città e parte del mondo erano fisicamente e spiritualmente paralizzate.

Opera Olografica 4 by the curators milan
THE CURATORS MILAN, REWILD, DIATOMS IN THE MULTIVERSE
Opera Olografica 4 by the curators milan

RP: Usate le ultime tecnologie per realizzare le vostre opere: qual’è il vostro rapporto con l’Intelligenza Artificiale?

LC: Il nostro approccio alle tecnologie e’ un approccio ottimistico e risolutivo. Nella storia dell’umanità’ i problemi insorgono quando la scienza non dialoga con le altre discipline e soprattutto con le esigenze etiche dell’essere umano. Siamo per quanto interessati a tutte le nuove tecnologie e alla possibilità’ di poterle utilizzare per risolvere i problemi piu’ pressanti che l’umanità sta affrontando ma anche a metterle in dialogo con il passato dell’uomo e con le sue forme di espressione più’ tradizionali. L’approccio olistico alla conoscenza, in particolare arte e scienza può essere la risposta per affrontare la comunicazione con il pubblico in una nuova prospettiva.

FC: Nelle nostre opere utilizziamo vecchie tecnologie reinterpretandole, e nuove tecnologie indagandone il senso e il funzionamento. La IA porta con se’ l’immaginario di un mondo distopico derivante dalla letteratura legata alla scuola di Francoforte, al cyberpunk e al cinema espressionista tedesco fra le varie correnti e movimenti, come se fosse la intelligenza artificiale ad avere una cattiva coscienza. In questo senso interroghiamo la IA su questioni deontologiche (e’ senziente? In cosa crede? ha una mistica?) cosi come su questioni utilitaristiche (come rendere la IA funzionale al progresso tecnologico e spirituale?) Forse la IA non e’ che uno specchio di cio’ che siamo oggi, e se temiamo che possa intrappolare l’uomo e’ solo perché’ e’ l’uomo ad essere ancora costretto nelle paure, nelle bugie, nei codici sociali e morali che ci vorrebbero funzionali all’algoritmo, al codice stesso. Quindi ecco cosi come la fotografia prima e il cinema dopo, cosi’ la IA oggi e il nostro rapporto con essa si basa su di un processo di conoscenza, riconoscimento ed espansione della consapevolezza, perché’ quando la tecnologia non e’ guidata da una coscienza diventa allora controproducente per l’uomo, basta pensare a come la fissione nucleare e’ stata venduta come nuova energia pulita e poi e’ stata usata per sganciare la bomba atomica.

RP – AI Art, sculture digitali (pensiamo alle Diatomee) ma anche scultura classica in dialogo con le vostre opere in alcune recenti esposizioni. Come oggi l’arte digitale e l’arte creata con IA si connettono con l’arte tradizionale e quale connessione voi personalmente andate a cercare?

LC: L’ai non esisterebbe senza i dati dell’arte tradizionale. La nostra connessione e’sempre quindi tra passato e futuro, se l’uomo consapevolmente non dimentica il proprio passato e utilizza i nuovi mezzi per evolvere la propria conoscenza non assisteremo al prevaricare di un intelligenza artificiale fuori controllo senza una coscienza etica. Le nostre sculture vogliono essere formate dal passato e dal futuro, dall’arte tradizionale e da quella digitale sotto un’unica forma e messaggio nutrendosi a vicenda di informazioni per creare un nuovo percorso che rispetti la fisicità dell’essere umano e della natura. Il nostro intento e’ rimettere al centro la natura nell’era dell‘antropocene e nella nuova era aperta dall’intelligenza artificiale. La nostra riposta e’ che l’intelligenza artificiale sia in grado di trovare soluzioni davvero intelligenti per risolvere i problemi creati dagli uomini.

FC: Cerchiamo una relazione sinestetica allo stesso modo in cui la collaborazione alla base della creazione di un’opera collettiva e non di mostre collettive ci ha dato l’opportunita’ di definire uno spazio e aprire un dialogo intermittente tra arti classiche e new media, tra creatori, pubblico e creazioni, come un atto di contrattacco e di legittima difesa contro l’individualismo e l’ego collettivo. La connessione che cerchiamo e’ in questo modo il tentativo di creare un forte ibrido multisensoriale che possa suonare le corde dell’apatia in un viaggio verso il progressivo miglioramento di noi stessi e della comunita’ in cui viviamo, il risveglio della coscienza e l’attivismo ambientale. Quando abbiamo raccontato la storia delle diatomee le abbiamo trasformate in sculture digitali olografiche reinterpretando una tecnica utilizzata dai prestigiatori a fine ‘800 per far apparire e sparire oggetti e persone sui palcoscenici, e per enfatizzarne la fragilita’ e l’evanescenza causate dall’aumento globale delle temperature, le abbiamo messe in relazione ad un’opera scultorea di ferro il cui equilibrio sempre nuovo si fonda sulla formula di Fibonacci; in questo senso la relazione che cerchiamo e’ sempre funzionale alla narrativa e alla estetica dell’opera, ma in una maniera che quasi richiama il lavoro sciamanico quando cerca la rottura degli equilibri in un continuum che unisce il passato al futuro tramite un persistente presente.

THE CURATORS MILAN - REWILD - DIATOMS IN THE MULTIVERSE OPERA~SCULTOREA Dardo by Ludovico Bomben Photo by MARCO MAZZA
REWILD – DIATOMS IN THE MULTIVERSE
OPERA~SCULTOREA Dardo by Ludovico Bomben
Photo by MARCO MAZZA

RP – La scienza oggi più che mai ha bisogno dell!arte per comunicare e sensibilizzare il grande pubblico su importanti temi – come appunto il cambiamento climatico. In questa direzione l’impiego dell’IA – nel dettaglio gli algoritmi che vengono addestrati sui dati – forniscono un punto di partenza (un dataset) che rispecchia una situazione reale -. Ci raccontate il vostro lavoro REWILD?

LC: Rewild a questo stadio utilizza la bellezza della tecnologia per comunicare e sensibilizzare su temi della natura sconosciuti ai più tramite l’empatia, Il nostro progetto piu’ ambizioso prevede un flusso continuo di dati tra arte e scienza che possa portare delle risposte più concrete a come l’arte possa essere piu’ funzionale a muovere dei cambiamenti concreti nel pubblico. Se ti rendi conto che devi il tuo respiro a una diatomea in estinzione non puoi non avere un moto di coscienza che rimporti la natura al centro del mondo e non il bisogno dell’essere umano?

FC: La scienza e’ vittima degli interessi dei grandi aggregati economici almeno dal secondo dopoguerra, cosi’ come lo e’ la politica almeno dagli anni 80; la lista di scienziati allontanati e/o messi a tacere e’ lunga, basta leggere The New Climate War del professor Mann per capire cosa sono riusciti a fare i lobbisti dell’industria del tabacco e del Big Pharma attraverso campagne denigratorie personali o pubblicitarie. REWILD e’ un progetto che vuole dare alla scienza il giusto spazio in una visione olistica, e quindi pre-illuministica, delle conoscenze, e agli spettatori la possibilità di vivere un’esperienza che basa il proprio senso sui dati che otteniamo da scienziati coinvolti direttamente o indirettamente nelle nostre ricerche. Il movimento del Rewilding si inserisce dagli anni ‘90 nel processo di risposte alle conseguenze dell’emergenza climatica attraverso tecniche rigenerative o di conservazione di una serie di ecosistemi, di reinserimento di specie e sementa autoctone, e per noi assume un ultra-significato di risveglio spirituale, di ritorno in qualche modo a dinamiche e tecniche quasi primitive, indigene, di dialogo con la natura e di rapporto con il sacro. Nello specifico REWILD e’ un progetto che prevede sei installazioni in cui raccontiamo la meraviglia della natura, le rotture nei suoi equilibri armonici e nel nostro rapporto con essa causate dalle attività industriali pesanti, e attraverso le quali proviamo a dare una chiave di lettura del contesto in cui viviamo e del necessario cambiamento di una serie di dinamiche tanto spirituali quanto produttive.

THE CURATORS MILAN, REWILD - CABINET OF WONDERS
THE CURATORS MILAN, REWILD – CABINET OF WONDERS
by Marco Mazza

RP – Parteciperete a PerformIA, il festival dedicato alle espressioni di intelligenza artificiale, che avrà luogo il 23 e 24 settembre a Firenze. Quale opera presenterete? Potete raccontarcela?

FC: Grazie a Performia e all’invito di Roberta Cintura e di Polaris abbiamo sviluppato il terzo capitolo di Rewild che e’ dedicato alla terra, al suolo e alla nostra relazione con questo. L’opera che presentiamo a Firenze si chiama REWILD: PROTO HUMANS SEEDING THE A.I. ed e’ l’inizio di un percorso creativo che faremo con Polaris durante il corso del 2023. Abbiamo deciso partire dal ruolo della IA nella creazione dell’opera stessa e di utilizzare la digitalizzazione di un seme autoctono per disegnare due scenari diversi, uno in cui in breve tempo un suolo coltivato ad agricoltura rigenerativa appunto “rigenera” la terra e tutto l’ecosistema intorno ad essa, uomo compreso, ed uno invece in cui lo stesso suolo viene sottoposto a tecniche di aratura pesante, abuso di fertilizzanti e pesticidi e utilizzo di sementa geneticamente modificata. Ragioniamo sul concetto decolonizzato di Protopia per suggerire come non esista utopia o distopia interconnessa alla IA, bensì la possibilità di miglioramento quotidiano di ciò che già abbiamo peggiorato nel corso dei secoli.

RP – Temi importanti ed una grande attenzione al lato estetico. Il risultato sono opere che affascinano il pubblico e lo portano alla riflessione. Che cosa rappresenta per voi l’arte oggi?

LC: L’artista diceva Marshall McLuhan é l’antenna della società. Oggi parte ha bisogno di una forte rivoluzione in quanto incentrata sull’ego dell artista, la vanità e un rapporto morboso con i social media che hanno cambiato il modo di percepire e giudicare un opera condizionando anche la figura dell artista. Oggi più che mai in un mondo consumato dalle immagini l’artista deve evolvere e comunicare in maniera ancora piu’ forte. L’arte é magia e ispirazione, porta risposte per l’anima e non può essere deviata dal consumismo di immagini, fama e accelerazione digitale che stiamo vivendo . Dovrebbe indurre l’uomo a rallentare e riflettere non ad accelerare. Stiamo andando verso un mondo in cui tutti sono produttori di immagini l’artista dovrà elevarsi ed essere superiore all immagine stessa che non sarà più arte essa stessa ma nuovo codice di un nuovo linguaggio tra gli umani. Il futuro dell’arte potrebbe essere proprio nel tattile e nello scultoreo in contrapposizione all ‘incredibile afflusso di immagini digitali.

FC: La società ha sempre avuto da un lato aspettative alte nei confronti degli artisti, dall’altro quasi una repulsione quando hanno rivelano le sue dissimulazioni. Una delle domande che ci siamo posti quando abbiamo fondato THECURATORSMILAN e’ stata proprio questa: “l’Arte può’ salvare il pianeta?”…se la domanda e’ magica e positiva, la risposta e’ quasi sicuramente negativa, ma resta provocatoria in un momento in cui sembra che ne’ i governi, ne’ i grandi gruppi corporativi sappiano o vogliano salvare il pianeta, la sua biodiversità e gli esseri umani stessi. Il ruolo dell’arte e degli artisti nella società’ cambia nel corso della storia, ma quello che piu’ sembra essersi affievolito oggi é il potere dirompente dello status quo che nei secoli invece l’arte o una serie di movimenti artistici hanno rappresentato. Dalla mercificazione dell’opera d’arte, o perdita della sua aura per metterla nei modi di Walter Benjamin, alla brandizzazione egotica dell’artista stesso, non credo ci sia mai stata un’era cosi tanto popolata di contenuti inutili ed irrilevanti, e cosi’ massicciamente influenzata dalle dinamiche del marketing. Mai la democratizzazione dei mezzi creativi di comunicazione ha raggiunto tali livelli da trasformare la creatività in commodity e questo genera ovviamente mediocrità’ dovuta alla maggiore quantità di prodotti creati. Peggiorerà man mano che la IA democratizzerà ulteriormente i mezzi creativi, ma sarà un bene forse, poiché creare qualcosa di rilevante, dirompente e con un impatto nelle coscienze sara’ sempre piu’ difficile, e forse sarà il craft a beneficiarne. L’arte é forse un altro specchio di ciò che siamo nei tempi che viviamo, e ciò che siamo oggi forse va cercato fuori dall’omologazione dei social, al di là del Metaverso, oltre ciò che vediamo con gli occhi. D’altronde come dicono gli sciamani del sud del Messico il mondo non esiste, esiste solo un’idea che ci siamo fatti di esso e ci da’ sicurezza quando lo guardiamo.

THE CURATORS MILAN, REWILD, DIATOMS IN THE MULTIVERSE OPERA Olografica Photo by MARCO MAZZA
THE CURATORS MILAN, REWILD, DIATOMS IN THE MULTIVERSE
OPERA Olografica
Photo by MARCO MAZZA

RP – Considerando la vostra sensibilità a indagare e raccontare anche le criticità ambientali, cosa ne pensate della tecnologia blockchain e degli NFT in considerazione della grande produzione di CO2 dovuta al processo noto come proof-of-work. Pensate che la “proof of stake” sarà una via percorribile?

FC: Discorso complesso che non si può intraprendere se non parlando anche di sistema finanziario, speculazioni e impatto ambientale. La blockchain come l’aveva (o l’avevano) intesa Nakamoto aveva un qualcosa di anarchico e punk come risposta alle contraddittorie ingiustizie del sistema finanziario mondiale in un momento di crisi come il 2008. Le implicazioni dovute alla deriva speculativa legata alle crypto valute e agli sproporzionati consumi energetici delle operazioni di minting degli NFTs hanno fatto si che mentre si inneggiava alla libertà degli artisti digitali e al tracking di autenticità di un’opera, in realtà’ si creava un sistema che alla fine si basa sulle stesse dinamiche speculative legate alla scarsità’ di un prodotto (artistico in questo caso). Le proof of stake saranno la soluzione? Hanno sicuramente un impatto ambientale enormemente inferiore. Dopo la clamorosa scomparsa di Hic Et Nunc ora c’e’ Tezos, utilizzato anche da Marina Abramovich, ma questo discorso implica il dover parlare di risorse energetiche, reti elettriche, di rinnovabili, cioè’ di dove prendono l’energia i server per calcolare. La letteratura a riguardo e’ spaventosa, l’impatto socioeconomico e politico che la presenza di hangar di server usati per il minting ha avuto su alcune aree di certi paesi (USA, Cina, Libano ad esempio) e’ sconvolgente. Sono anni che Ethereum annuncia ETH2, forse quest’anno ci siamo, ma fino ad ora ha avuto il peso di uno scherzo, uno scherzo fatto al pianeta. Non so quale sara’ la via percorribile, mentre gli attivisti e gli scienziati di tutto il mondo spingono per anticipare dal 2050 al 2030 la scadenza per raggiungere il carbon net zero per l’impossibilità’ di mantenere la temperatura del globo sotto un aumento del 1.5C, e’ davvero difficile fare previsioni sul futuro degli NFT e dell’umanità, in piu’ la parte legata alla digital art e’ solo la punta dell’iceberg degli NFTs. La grande corsa economica agli investimenti nel Metaverso in realtà riguardano il 20% dei consumatori del pianeta, per cui mi chiedo quanto il ruolo maggiore non sia semplicemente giocato da media, dalle PR companies e da chi li possiede nel continuare a generare desideri inutili e mettere la lente di ingrandimento sopra irrilevanti novità’, menzogne o dinamiche generatrici di paura culturale e divisione sociale. Oggi ci si chiede se il mondo scegliere fra la Natura ed il Metaverso, spero si faccia la scelta giusta ma non sono fiducioso a riguardo.

THE CURATORS MILAN, REWILD - Foto By Amir Farzad
THE CURATORS MILAN, REWILD – Foto By Amir Farzad

RP – Quali i vostri prossimi progetti?

FC: Abbiamo molte progettualita’ in cantiere e sempre in cerca di nuovi alleati, funders e folli sognatori come noi fra Londra e Milano per portare avanti la realizzazione del ciclo di REWILD. A lato poi ci sono il nostro lavoro e i nostri progetti personali. Personalmente a Londra sto preparando un film e lavorando nella fase di discovery di un’esperienza narrativa multisensoriale che vuole avere la forza di un viaggio spirituale di Ayahuasca, ma non voglio svelare troppo, il 2023 sara’ sicuramente intenso.

RP – Fronte all’uso delle nuove tecnologie, siamo portati ad una riflessione anche filosofica del processo creativo nella realizzazione delle opere d’arte. Partendo da questa riflessione – cosa ne pensate delle nuove applicazioni text to image con IA? Le avete sperimentate?

LC: Abbiamo sperimentato e creato delle opere che ci hanno colpito, come artisti sono uno strumento per estendere la propria creativita’ e sperimentare oltre i limiti dell’applicazione stessa e riflettere su come utilizza i dati e porre un interiore livello di conoscenza. Richiedono comunque una riflessione più profonda e legale sul controllo sul copyright. Ovvero credi sia appropriato da parte delle applicazioni richiedere il copyright delle immagini che utilizzano e referenze testuali. D’altra parte non credo sia corretto lasciare il copyright in mano alle applicazioni. Midjourney ad esempio ha un approccio non molto chiaro sulla proprietà intellettuale.

FC: Abbiamo avuto modo di sperimentare l’utilizzo di Midjourney, Dall-E, Stylegan ed una serie di applicazioni text-to-image e di openAI in generale, e ci siamo divertiti molto. Il valore ludico e’ importante e mi fa pensare alle possibili applicazioni in ambiti terapeutici ad esempio; anche per creare pre-visualizzazioni sono davvero strumenti fenomenali. Sembra che ogni applicazione abbia un suo stile e questo mi porta a interrogarmi sul ruolo della AI in generale all’interno del processo di creazione dell’opera, al suo valore funzionale o generativo, al suo rapporto con il creatore ed il curatore, ma credo sia lo stesso processo che ha scatenato ogni nuova tecnologia quando l’utilizzo e’ stato applicato alle arti. In generale quando pensiamo e ci rapportiamo con i mezzi tecnologici abbiamo spesso in mente il loro possibile valore in termini di empatia e la loro implicazione in processi legati al craft. In quanto esseri immersi in un contesto sociopolitico creativo fatto di luoghi e persone sentiamo naturale la predisposizione a indagare il mondo attraverso le tecnologie dominanti.

THE CURATORS MILAN

THE CURATORS MILAN è un collettivo di creativi che, spinto dalla resilienza, dall’empatia e dalla voglia di futuro, ha ideato REWILD, un progetto sociale senza fini di lucro che vuole far riflettere sui temi legati al Climate Change, utilizzando l’arte e le nuove tecnologie. I fondatori sono Lucia Emanuela Curzi Frankie Caradonna e Stefano Gagliardi del Vicolo Art Gallery. Per questa opera collaborano con il sound artist Jamie Perera e con il 3d artist del collettivo Pierpaolo Mantuano.

Frankie Caradonna – Founder & Creative Director

Frankie Caradonna Foto By Marco Mazza
Frankie Caradonna Foto By Marco Mazza

È un artista e vive fra Londra e Milano e lavora come regista e fotografo trasformando concetti in nuove narrazioni per l’industria dell’arte, del cinema e dell’advertising. Frankie ha esposto le sue silver gelatine lith prints in gallerie in Inghilterra e in Italia. Nel 2010 si aggiudica il primo premio UIST e Fondazione Fratelli Alinari, in giuria Oliviero Toscani e Monica Maffioli del board di Fondazione Fratelli Alinari. A Milano collabora con la fotografa Paola Mattioli alla realizzazione del video-art “Fabbrico”; lavora con Federico “Pico” Pepe alla produzione dei progetti di video-art “Synflex” e “Senza Titolo 2008”. A Londra espone presso la Residenza Dell’Ambasciata Italiana, al Wandsworth Museum ed alla Fiumano Fine Art Gallery fra le altre. Pubblica con il British Journal of Photography in collaborazione con Hoxton Mini Press e Magnum Photo, e lavora a diversi film come “Girlfriend In A Coma”, documentario per il cinema scritto da Bill Emmott, ex direttore dell’Economist; il documentario per il cinema ” Tempest” e il cortometraggio “Truck” finanziato dal British Film Institute; Nel 2015 Frankie firma una rappresentanza con la casa di produzione internazionale Great Guns UK. Frankie ha appena completato No Guns For Dillinger, un progetto audio-video-foto-filosofico a lungo termine sulle mental health issues ed il documentario sul fotografo inglese Colin Jones “The End of Photography” selezionato in esclusiva da Nowness.

Photography: https://cargocollective.com/caradonna Films: https://www.francescocaradonna.com/ Instagram: @frankiecaradonna

Lucia Emanuela Curzi – Founder & Creative Director

Lucia Emanuela Curzi Foto By Frankie Caradonna
Lucia Emanuela Curzi Foto By Frankie Caradonna

Vive e lavora fra Londra e Milano. Collabora regolarmente con una serie di pubblicazioni di moda di fama internazionale tra cui Vanity Fair, Harper’s Bazaar, Vogue e Sunday Times. Fra i clienti commerciali troviamo marchi come Yves Saint Laurent, Christian Louboutin, Tiffany, Mac Cosmetics, Selfridges, Covent Garden e la London Fashion Week. Lucia Emanuela è un creativo eclettico e poliedrico, la sua pratica creativa si divide fra illustrazione e art direction e le sue opere di fine art sono state esibite presso il Victoria & Albert Museum e il Tate Britain Museum di Londra.

https://luandme.com/ Instagram: @ludiary