Africa - Twist à Bamako, Robert Guédiguian, Francia, 2021, 124'
Twist à Bamako, Robert Guédiguian, Francia, 2021, 124'

Analizziamo il settore culturale e creativo del continente grazie agli approfondimenti condotti dal FESCAAAL, il festival cinematografico dedicato ai paesi extra-europei attualmente in corso a Milano

FESCAAAL: il Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina

Da ben 31 edizioni nel capoluogo meneghino si apre una finestra sul mondo: il FESCAAAL, acronimo di Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina, nato per volontà del COE e di Milano Film Network. Non solo pellicole d’essay, quest’anno ben 47 trasmesse online e in cinque location milanesi, ma anche eventi, incontri con i registi e conferenze. In quanto a numero di film presentati la parte del leone la fa sicuramente il continente africano con addirittura una specifica categoria di concorso (cortometraggi). Un’ottima occasione di approfondimento per il grande pubblico che pochi giorni fa ha potuto assistere gratuitamente all’Auditorium San Fedele ad una conferenza che ha fatto il punto sull’intero sistema creativo al di là del Mediterraneo. Ospiti d’eccezione Ojoma Ochai, consulente Unesco, Sidick Bakayoko, CEO della start up ivoriana Paradise Game, Chiara Piaggio, antropologa esperta di letteratura africana e Neri Torcelli, curatore di African Art in Venice Forum. 

Africa - Système K locandina
Système K locandina

In realtà utilizzare il termine generico di “Africa” non ha molto senso: basti pensare alle diatribe ancora in corso sul numero di stati attualmente riconosciuti (54 per la comunità internazionale, 55 con l’aggiunta del Sahara Occidentale per l’Unione Africana). La varietà e la complessità sono sempre dietro l’angolo e fanno capolino in maniera ancora più nitida se si ragiona in termini culturali. Un esempio? Nella sola Nigeria sono stati censiti ben 300 idiomi. Differenze che molto spesso sono fonte di sanguinosi conflitti intestini, che però non fermano la vera forza motrice del continente: i giovani. Si stima che la media d’età, un territorio per l’altro, sia di circa 19 anni e che il 60% della popolazione africana sia under 24. La cultura passa attraverso i ragazzi e la loro capacità di innovare, offrendo punti di vista inediti e liberi dalle convenzioni. 

Tra mappature e gli universi creativi dell’Africa

La mappatura globale delle industrie creative condotta dall’UNESCO ha stimato che, pre-Covid, il settore artistico di Africa e Medio Oriente generasse entrate pari a 58 miliardi di dollari, impiegando ben 2,4 milioni di persone. Se si tiene conto del non contrattualizzato alla stima vanno aggiunti altri 4,2 milioni. Parlando di industria musicale, secondo la Banca Mondiale, le sole entrate derivanti dallo streaming dovrebbero arrivare a 500 milioni di dollari nel 2025. È inoltre innegabile che negli ultimi anni l’universo creativo africano abbia conquistato l’Occidente. Film, libri, arte, moda, design, musica africana o della diaspora dettano legge in fatto di trend. Per non parlare del successo nel campo della letteratura: nel 2021 gli scrittori della diaspora sono stati protagonisti di tutti i maggiori premi internazionali, dal Nobel per la letteratura all’International Booker Prize, dal Goncourt al Neustadt. 

- Angle mort, Lofti Achour, Tunisia/Francia, 2021, 14' in corso nella sezione Cortometraggi Africani
– Angle mort, Lofti Achour, Tunisia/Francia, 2021, 14′ in corso nella sezione Cortometraggi Africani

L’editoria made in Africa

Si tratta forse di un’ondata di rinnovato esotismo? Di una ricerca dettata dal voler in qualche maniera riparare agli errori coloniali del passato o alle tendenze razziste made in USA? Le risposte possono essere molteplici a seconda dei singoli casi, anche se vi è una sola certezza: l’Africa sceglie sempre più di raccontarsi e non di essere il soggetto delle altrui narrazioni. Restando in campo editoriale aumentano i letterati che decidono di tornare in patria o di pubblicare negli idiomi autoctoni, come il novellista senegalese Boubacar Boris Diop, che ormai scrive sia in francese che in lingua wolof. Oltretutto, ad inizi Anni Duemila, sono sorte tantissime case editrici con sede principale nel continente, ad esempio Farafina Books o Cassava Republic Press in Nigeria, riviste letterarie come la namibiana Doek! e festival connessi. I lettori di quotidiani ed affini aumentano di pari passo con la crescita della cosiddetta classe media, di cui entro il 2030 dovrebbe far parte circa la metà della popolazione del continente. Una tendenza contraria a quella europea, dove la middle class è la fascia che più risente degli scossoni di natura economica e politica. Non ultimi la rete ed i book blogger contribuiscono al cambiamento nella speranza che in un prossimo futuro gli editori africani non debbano più acquistare i diritti degli scrittori dei loro stessi paesi, ma possano venderli al mondo. E potremmo già essere sulla buona strada considerando che il settore cresce di circa il 6% annuo. 

The Gravediggers_Wife photo Arttu Peltomaa ©Bufo2021
The Gravediggers_Wife photo Arttu Peltomaa ©Bufo2021

Il mondo gaming

L’Africa sta facendo del talento il suo nuovo biglietto da visita, affrancandosi dalla sola immagine di custode di preziose risorse naturali e la connessione internet è una delle chiavi del rinnovamento. Dei 601 milioni di utilizzatori globali, l’11.5% vive in Africa. Ci affacciamo così su un altro settore creativo, quello del gaming, che attualmente coinvolge circa 300 milioni di persone. Il comparto si sta espandendo a tal punto che uno dei focus dell’ultima Paris Games Week era dedicato proprio all’Africa. I maggiori ostacoli al suo sviluppo sono rappresentati dalla carenza nelle infrastrutture, dalla mancanza di fondi pubblici e dalle lacune legislative. Ad esempio la tutela della privacy è una tematica scottante, se si pensa che in alcune zone i principali social media offrono la possibilità di accesso alla rete in cambio di dati. 

Système K, Renaud Barret, Francia, 2019, 95'
Système K, Renaud Barret, Francia, 2019, 95′

Cinematografia: da Nollywood al Kenya

Le esigenze di questo campo dell’entertainment sono molto simili a quelle del mondo cinematografico. In tale scenario è ancora la Nigeria a dominare. Nollywood dà lavoro a circa 300.000 persone, crescendo ad un ritmo dell’8.6% annuo, creando un indotto di circa 800 milioni annui. Proprio come ad Hollywood registi e soprattutto attori influenzano modi e stili di vita del pubblico degli stati confinanti. In fatto di produzioni per il grande schermo seguono a stretto giro la Nigeria anche il Ghana, il Kenya, la Tanzania e l’Uganda. La pirateria e la scarsità di sale di proiezione (mediamente uno schermo ogni 800.000 persone) sono i due problemi principali. Una bella differenza con il vecchio continente, dove i cinema stentano a sopravvivere. Editoria, creatività digitale, cinema, moda (Mauritius, Sud Africa, Lesotho e Madagascar sono in testa in termini di esportazioni di tessile ed abbigliamento) ed ovviamente arte figurativa e non. 

- Système K, Renaud Barret, Francia, 2019, 95'
– Système K, Renaud Barret, Francia, 2019, 95′

Ex Africa semper aliquid novi

I due mali che affliggono questo settore creativo sono sicuramente la carenza in termini di libertà d’espressione e di rappresentazione. Banalmente lo si deduce analizzando anche la Biennale recentemente inaugurata: sono solo 8 le nazioni africane presenti. Del resto la grande manifestazione veneziana è nata proprio negli anni della spartizione del continente da parte delle potenze coloniali europee. Guardando invece al regolamento in essere, per partecipare all’Esposizione Internazionale d’Arte occorre una documentazione rilasciata da un equivalente del nostro Ministero della Cultura e molto spesso le lotte politiche interne pongono i bastoni tra le ruote, come i giochi di potere tendono ad uniformare la complessità della visione artistica in direzione di un’univocità di espressione che rispecchia le voci dominanti. La situazione artistica contemporanea viene ben esemplificata dal documentario “Système K”: uno spaccato delle condizioni di vita degli artisti che vivono nei sobborghi di Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo. Tra scontri con le autorità e difficoltà nel reperire fondi artisti visivi, musicisti e perfomer creano oggetti d’arte con materiali di recupero utilizzando spesso il proprio corpo per esprimere le loro istanze di cambiamento. E nonostante le numerose difficoltà del vivere quotidiano quasi sempre riescono nel loro intento, dimostrandoci quanto ancora sia attuale la famosa citazione di Plinio il Vecchio: “Ex Africa semper aliquid novi”. Nel prossimo futuro l’obiettivo principale dell’intero settore artistico africano è creare posti di lavoro per migliorare le condizioni sociali e di vita della popolazione prima che i beni di consumo diventino il novello cavallo di troia di una nuova forma di colonialismo.