NAPOLI a BERGAMO
Uno sguardo sul ’600 nella collezione De Vito e in città
a cura di Elena Fumagalli con Nadia Bastogi
23 aprile 2024 > 1 settembre 2024 | Accademia Carrara Bergamo

NAPOLI a BERGAMO Esplorando il Seicento: Collezione De Vito e tesori cittadini curata da Elena Fumagalli e Nadia Bastogi dal 23 aprile 2024 al 1 settembre 2024 | Accademia Carrara, Bergamo

La mostra esibisce l’eccellenza della pittura napoletana del XVII secolo e il suo dialogo con Bergamo: 15 artisti, 40 opere, molte delle quali mai esposte prima, insieme a studi recenti, nuove attribuzioni e restauri specificamente realizzati. NAPOLI a BERGAMO offre una nuova visione della città e del suo ambiente culturale. La significativa collezione di dipinti, cortesia della Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito, viene arricchita da opere inedite dell’Accademia Carrara e da tele concesse in prestito da chiese e enti locali (Pedrengo, Rovetta, Stezzano, Clusone, Nese di Alzano Lombardo).

La parola a Martina Bagnoli, direttrice Accademia Carrara

Cosa accomuna Napoli a Bergamo? A prima vista non molto. Eppure, alla fine del XVII secolo Bergamo cercò a Napoli gli artisti migliori per decorare i luoghi più sacri della città. Questa mostra disegna i contorni di un episodio poco studiato della cultura figurativa, portando all’attenzione della critica e del pubblico nuove attribuzioni e nuovi documenti che testimoniano gli scambi proficui tra le due città. In tal senso questa mostra è stata anche una grande occasione di restituzione anche in virtù dei numerosi restauri compiuti per migliorare la leggibilità e lo stato conservativo delle opere sparse sul territorio. Questo è un aspetto molto importante di questa rassegna perché testimonia il radicamento della mostra non solo nelle sue collezioni ma anche nell’eredità culturale del territorio, e dimostra come il museo possa esser un luogo di ricerca e di sviluppo.

Napoli a Bergamo - ph Fondazione Accademia Carrara
Napoli a Bergamo – ph Fondazione Accademia Carrara

La parola a Elena Fumagalli curatrice

La mostra propone uno sguardo sulla scuola pittorica partenopea del Seicento cogliendo l’occasione per riscrivere il capitolo poco noto dei rapporti storico artistici tra Napoli e Bergamo, che furono intensi nella seconda metà del XVII secolo e passarono perlopiù attraverso Venezia, tramite figure di intraprendenti mercanti. Per offrire uno sguardo complessivo sul periodo preso in considerazione, a una serie di dipinti provenienti da Bergamo e provincia si unisce il generoso prestito di 22 opere della Fondazione De Vito.

La pittura napoletana del Seicento in mostra

La parte iniziale del percorso espositivo offre una selezione di dipinti provenienti dalla Fondazione De Vito, che illustra la varietà della pittura napoletana dal 1620 al 1670 circa, a partire dall’attenzione agli esempi di Caravaggio e di Jusepe de Ribera, proseguendo con l’apertura verso istanze più classiciste e di intenso pittoricismo, dovute all’influenza degli artisti emiliani presenti a Napoli e del filone neoveneto, fino a concludersi nella seconda metà del secolo con Mattia Preti e Luca Giordano.

Si inizia con Battistello Caracciolo, Jusepe de Ribera, Massimo Stanzione, il Maestro degli annunci ai pastori, nelle cui opere il naturalismo di marca ancora caravaggesca si accompagna a soluzioni di maggior dolcezza espressiva e materica. Di particolare interesse, per la loro originalità, le mezze figure maschili raffiguranti filosofi e sapienti dell’anonimo Maestro, rappresentative di temi legati alla vanità dei beni terreni e alla transitorietà della vita, da leggere in parallelo al Sant’Antonio del Ribera.

Con Paolo Finoglio, Antonio De Bellis, Bernardo Cavallino, Andrea Vaccaro si introducono toni di maggior raffinatezza ed eleganza sia formale che pittorica, come ben attestano alcune mezze figure femminili di sante ed eroine bibliche, che con la preziosità degli abiti, i larghi panneggi, la teatralità delle pose, costituiscono soggetti molto richiesti dai collezionisti napoletani dell’epoca e cari anche a Giuseppe de Vito. Mattia Preti e Luca Giordano sono presenti ciascuno con un dipinto degli anni cinquanta e uno degli anni settanta, così da evidenziare il loro diverso percorso.

Luca GiordanoIncoronazione di spine, 1660-1665 olio su tela
Bergamo, Accademia Carrara
Luca Giordano
Incoronazione di spine, 1660-1665 olio su tela
Bergamo, Accademia Carrara

È Giordano a costituire il trait-d’union con la seconda parte dell’esposizione, dedicata alle presenze napoletane in terra bergamasca. Un’intera sala è a lui dedicata, con le quattro tele giovanili di Pedrengo, raffiguranti scene di martirio, note solo agli specialisti e per la prima volta esposte al pubblico in un contesto museale, insieme a un’inedita Incoronazione di spine di Accademia Carrara, anch’essa opera precoce dell’artista.

L’enorme telero di Giordano raffigurante il Passaggio del Mar Rosso e la gratitudine degli israeliti per la basilica bergamasca di Santa Maria Maggiore, inviato a Bergamo via Venezia nel 1682, è evocato in mostra tramite una proiezione e attraverso la versione “in piccolo” del clusonese Antonio Cifrondi. Il maestro napoletano avrebbe dovuto completare la decorazione della navata centrale della chiesa bergamasca, ma dopo un decennio di rinvii partì infine per la Spagna. Grazie alla mediazione del mercante veneziano Simone Giogalli, che svolgeva il ruolo di suo agente da quasi vent’anni, giunse a Bergamo nel 1693 un allievo di Giordano, Nicola Malinconico. A lui è dedicata la sala finale del percorso, che ricostruisce la sua attività sul territorio presentando inedite pale rintracciate nelle chiese della bergamasca insieme a prestiti dalla Pinacoteca di Brera e dal Museo Gaetano Filangieri di Napoli.

Da Battistello Caracciolo (1578 – 1635), precoce seguace napoletano di Caravaggio, al classicismo di Massimo Stanzione (1585 – 1656); dal tenebrismo di Jusepe de Ribera (1591 – 1652), al Maestro degli annunci ai pastori nelle cui opere il naturalismo caravaggesco si accompagna a soluzioni di maggior dolcezza espressiva e materica, sino alla grandiosità della pittura barocca di Mattia Preti (1613 – 1699). Con Paolo Finoglio (1590 ca. – 1645), Antonio De Bellis (attivo tra 1636 e 1660), Bernardo Cavallino (1616 – 1656), Andrea Vaccaro (1604 – 1670) si introducono toni di maggior raffinatezza ed eleganza sia formale sia pittorica. Infine Luca Giordano (1634 – 1705) e il suo allievo Nicola Malinconico (1663 – 1726).

La pittura napoletana del Seicento in mostra a Bergamo
Antonio De Bellis
Cristo e la Samaritana, 1645 ca.
olio su tela
Vaglia (FI), Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito

L’eredita di Caravaggio

Grande rilevanza assume l’eredita della rivoluzione caravaggesca, in artisti napoletani come Battistello Caracciolo presente in mostra con un San Giovannino, che manifesta precocemente l’acquisizione del potente naturalismo del Merisi, declinandolo verso soluzioni di maggiore dolcezza espressiva, attraverso gli esempi romani ed emiliani. Così come lo spagnolo Jusepe de Ribera, a Napoli dal 1616, che interpreta la lezione di Caravaggio secondo un realismo ancora più marcato. Il patrimonio di pittura napoletana a Bergamo è dovuto principalmente agli scambi commerciali, sociali e culturali con Venezia, snodo attraverso cui nel Seicento le merci – tra queste le opere d’arte – viaggiano da Sud a Nord, via mare. La crescente fortuna, a partire dalla metà del secolo, di cui gode l’arte partenopea presso la Serenissima si riverbera così in terra orobica, attraverso una rete di relazioni che ha determinato, in particolare, l’arrivo in città di un capolavoro di Luca Giordano e la presenza del suo allievo Nicola Malinconico.

Giordano a Pedrengo

I quattro dipinti esposti per la prima volta al pubblico in un contesto museale, perché di norma conservati nella chiesa di Sant’Evasio a Pedrengo, sono certamente uno dei capitoli più straordinari della mostra Napoli a Bergamo, sia per l’eccezionalità di poterli vedere non all’interno dell’abside della chiesa – dunque di difficile accessibilità – sia per la straordinarietà della pittura di Giordano che, seppur ancora in una fase iniziale del suo percorso artistico, raggiunge qui uno dei suoi vertici. Lapidazione di San Paolo, Martirio di San Bartolomeo, Martirio di Sant’Andrea, Martirio di San Pietro, datati intorno al 1660-1665, sono potenti brani di pittura in cui le scure tonalità cromatiche e il forte risalto chiaroscurale avvicinano l’artista a Jusepe de Ribera. Di poco precedente al ciclo di Pedrengo, dunque sempre opera giovanile, è Incoronazione di spine, parte della collezione di Accademia Carrara, ora – grazie al restauro e agli studi condotti – definitivamente restituita al catalogo di Luca Giordano e datata agli anni 1656-1660. Il dipinto presenta effetti di luce e colore di derivazione veneta e insieme attesta, nelle scelte iconografiche, la vicinanza dell’artista alla grafica nordica, come nell’uomo che mostra la lingua e deride Cristo.

La parola a Giorgio Gori sindaco di Bergamo e presidente Fondazione Accademia Carrara

Con Napoli a Bergamo Accademia Carrara affronta una doppia scommessa: quella di portare alla luce un passaggio tanto prezioso quanto poco noto della storia dell’arte italiana – l’incontro del nostro territorio con gli artisti della scuola napoletana del secondo Seicento – e quella di accompagnare il proprio pubblico lungo un percorso tutt’altro scontato, decisamente ricco di sorprese. La mostra riesce così a essere fedele a una tradizione espositiva che sempre ha cercato un aggancio con il territorio o con la propria collezione permanente, in questo caso grazie alla presenza di importanti opere disseminate tra il capoluogo e diversi centri della provincia, e nel contempo a raccontare una storia artistica del tutto nuova e stimolante. Il progetto, così, è pienamente rappresentativo di ciò che è oggi Accademia Carrara: un’istituzione capace di appassionare i visitatori e, a tratti, di sorprenderli, sempre tenendo fede alle proprie molteplici finalità istituzionali.

Napoli a Bergamo – ph Fondazione Accademia Carrara

La parola a Nadia Ghisalberti assessore alla cultura Comune di Bergamo

Il nuovo indirizzo dato da Martina Bagnoli alla conduzione della Carrara è apprezzabile fin dalla prima proposta espositiva, che apre strade poco esplorate. Il rapporto tra Bergamo e Napoli era appena accennato negli studi precedenti sul Seicento, trattando soprattutto della presenza, insolita certamente, di Luca Giordano in santa Maria Maggiore, e poi del suo allievo Nicola Malinconico. La mostra appena inaugurata approfondisce invece questa storia ancora tutta da scoprire, aprendo inediti percorsi di conoscenza tra collezionismo, relazioni mercantili, nuove attribuzioni, restauri e prestiti speciali. Nel solco della tradizione della Carrara, e dei migliori musei, è invece la capacità di studiare, riscoprire, non perdere mai di vista il patrimonio conservato nei depositi. Ancora una volta un dipinto, conosciuto nel catalogo come di ambito, scuola o allievo, viene attribuito a Luca Giordano, andando a implementare il già ricco catalogo dell’artista partenopeo. Anche lo studio e la valorizzazione del patrimonio locale fa parte del DNA del museo che, con l’obiettivo di dare una testimonianza il più possibile ampia della presenza napoletana nel nostro territorio, si allarga alla Provincia, riuscendo a ottenere lo straordinario prestito dei dipinti di Pedrengo, ora visibili nelle sale della pinacoteca, a una distanza ravvicinata altrimenti impossibile nell’abside di una chiesa. Un’occasione per scoprire la Napoli del Seicento, e quanto della sua bellezza è custodito a Bergamo.