ST. JAVELIN, l’ultima serie fotografica di Julia Krahn. Il NO alla violenza contro le donne

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Julia Krahn. St. Javelin. Installation view Museo Novecento Firenze, 2022. Courtesy Museo Novecento, Firenze. Ph: Leonardo Morfini
Julia Krahn. St. Javelin. Installation view Museo Novecento Firenze, 2022. Courtesy Museo Novecento, Firenze. Ph: Leonardo Morfini

IN OCCASIONE DELLA GIORNATA INTERNAZIONALE PER L’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE presenta JULIA KRAHN: ST. JAVELIN

25 novembre 2022 – 29 gennaio 2023 – Museo Novecento Firenze

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il 25 novembre 2022, il Museo Novecento rinnova il proprio impegno contro la discriminazione di genere attraverso il progetto ST. JAVELIN, l’ultima serie fotografica di Julia Krahn, in cui l’artista invita le donne ucraine rifugiate a raccontarsi attraverso immagini e interviste.

“Quando l’arte si fa portavoce di battaglie importanti sul fronte dei diritti riesce a propagare messaggi universali e ad arrivare con forza alle persone. Così fa questo lavoro di Julia Krahn che unisce alla denuncia di ogni forma di violenza e discriminazione di genere, il dramma della guerra in Ucraina. Nel racconto fotografico anche un forte messaggio di speranza, attraverso immagini evocative e simboliche. Inaugurare questa mostra in una data tanto significativa è un modo per dare maggior voce al dramma della violenza e alla necessità di contrastarlo con tutti i mezzi a nostra disposizione a partire dalla cultura”, hanno detto la vicesindaca e assessora alla Cultura Alessia Bettini e l’assessora ai Diritti e Pari Opportunità Benedetta Albanese.

“Negli anni passati il Museo Novecento ha iniziato un percorso di progetti artistici collegati alle grandi giornate simboliche, come quella per l’eliminazione della violenza contro le donne o la Giornata della Memoria, cercando di riposizionare il ruolo dei linguaggi artistici e di reinventare l’idea di monumento pubblico” dichiara il direttore del Museo Novecento, Sergio Risaliti. “In tal senso, è quanto mai significativo utilizzare il loggiato esterno del museo per occupare lo spazio pubblico ed entrare direttamente a contatto con la piazza di Santa Maria Novella. Le dieci bandiere realizzate da Julia Krahn e dedicate alle storie di altrettante donne ucraine rifugiate entrano così nel vivo dei drammatici eventi del nostro tempo, che vedono vittime della disumana barbarie della guerra, ancora una volta, le donne. Tuttavia, le donne sono anche protagoniste di una caparbia resistenza, impegnate a contrastare la violenza perpetrata nei confronti della propria storia personale, della propria casa, del mondo familiare assieme al proprio corpo. Ognuna di queste donne ha qualcosa da raccontare e Julia Krahn è riuscita a restituire il senso sacrale a una serie di ritratti del presente ricorrendo alla più antica delle iconografie religiose, la Madonna con Bambino, connotata oggi di altri simboli e messaggi. Il museo e l’arte si addentrano così nella cronaca e cercano di far riflettere ‘davanti al dolore degli altri’, per citare un celebre scritto di Susan Sontag dedicato al nostro tempo e al rapporto tra dolore, opere d’arte e immagini di guerra. Julia Krahn non ci offre la parte più violenta della guerra, ma trasforma in eroine e sante queste figure femminili”.

Il progetto prende il nome da Saint Javelin, un’immagine nata e diffusa durante la guerra in Ucraina che raffigura la Madonna con in braccio un missile anticarro, lo javelin, simbolo della resistenza. La nuova iconografia di una madre armata ribalta quella di Maria che sostiene in braccio suo Figlio, richiamando alla mente la morte e la violenza più che la vita e l’amore. Nel loggiato esterno del Museo Novecento saranno installate dieci bandiere recanti i ritratti di donne ucraine rifugiate, sorta di icone laiche che si impongono nello spazio con tutta la forza e la dignità del messaggio che veicolano, un messaggio di resistenza e di pace.

All’interno della serie fotografica è presente anche un autoritratto dell’artista, immortalata mentre stringe in mano la sua arma, la macchina fotografica, che invita le rifugiate a fare lo stesso, descrivendo le proprie armi di resistenza quotidiana, fatte per costruire e mai per distruggere. “Non parlo della guerra, delle sue impossibili ragioni per esistere o di chi la sta tenendo accesa, ma delle persone che la subiscono. Indifferentemente da pensiero, posizione o status, sono fuggite per salvare i loro bambini e hanno lasciato indietro i loro mariti, Oltre alla propaganda esistono persone reali. Ognuno con la sua storia. Io accolgo in studio chi ha voglia di condividere la sua” dichiara Julia Krahn.

Una seconda installazione sarà realizzata nel loggiato interno al primo piano del museo, dove verrà esposta la serie Die Taube, che presenta otto fotografie stampate su carta per affissione (affiches) e riprodotte in grande formato.

In Die Taube l’artista torna sul tema sacro dell’Ultima Cena, cui si dedica fin dal 2010, e attraverso la metamorfosi di un piccione in colomba bianca, poi macchiata di un rosso intenso, ripercorre la pratica dei sacrifici antichi. Le immagini, grazie ad un immediato richiamo spirituale e al simbolismo cristiano, instaurano un vivo dialogo con il loggiato, in passato dedicato al ritiro e alla meditazione, e allo stesso tempo invocano, come le donne ucraine ritratte nelle vele al piano terra, un chiaro messaggio di speranza, di trasformazione e di passaggio verso una nuova convivenza.

JULIA KRAHN è un artista multidisciplinare tedesca. Nasce a Jülich nel 1978 e cresce ad Aquisgrana in Germania. Per dedicarsi completamente all’arte lascia gli studi di medicina e si trasferisce a Milano dove vive e lavora. Durante il lockdown apre il suo nuovo studio a Santa Lucia, nel centro di Sorrento. La sua ricerca interroga la permeabilità dello sguardo tra identità dell’artista e dello spettatore. Ridefinisce gli oggetti quotidiani e i simboli del passato con fotografie che presentano una fluidità ambigua: più che raccontare lo scorrere del tempo o costruire una storia cristallizzano, trasformano da stato liquido a solido, i frammenti di una realtà privata e segreta. Il suo lavoro riflette sui valori perduti o sbilanciati della società, della famiglia e della religione, fino a portare l’obiettivo su immagini che riconducono alle icone cristiane.