Narciso è un dipinto olio su tela, 112×92 cm, attribuito a Caravaggio dallo storico dell’arte Roberto Longhi, realizzato tra il 1597 e il 1599 e conservato oggi nella Galleria Nazionale d’Arte Antica a Palazzo Barberini, Roma.

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Caravaggio (o Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino), Narciso, 1597-1599; olio su tela, 112 x 92 cm;  Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, Roma

Narciso: Un dipinto Mitologico

Il protagonista del dipinto è Narciso la cui figura è presente sin dall’antichità, grazie alle Metamorfosi di Ovidio ( Libro III, vv. 339-510) e ai racconti di Pausania. Nel Rinascimento la storia di Narciso ritorna ad essere nota al pubblico grazie a Leon Battista Alberti, che ne parla nel De pictura pingendi, scritto nel 1435. Il mito narra la storia di Narciso giovane cacciatore, che con la sua bellezza fa strage di cuori che venne maledetto da un suo amante respinto, condannandolo ad amare il suo riflesso, perdendosi in se stesso fino a morire di struggimento. Si conoscono altre versioni di questa storia: ad esempio quella raccontata da Pausania narra la storia di Narciso che specchiandosi nell’acqua, vede il riflesso della gemella morta e rimane a contemplarne l’immagine fino a morire di stenti. Leon Battista Alberti, figlio della cultura umanistica, nel suo testo definisce Narciso come l’inventore della pittura e questo paragone con l’arte del dipingere le ritroviamo nelle concezioni pittoriche di Caravaggio: il suo Narciso è anche una metafora dell’arte pittorica, da intendere come un rispecchiamento della realtà. Si può ipotizzare che Caravaggio abbia trovato la sua ispirazione per il suo Narciso da Ovidio e Alberti, interpretandoli in chiave moderna.

Caravaggio o Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino, Narciso (1597-1599 o 1645; olio su tela, 112 x 92 cm; Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini) – dettaglio
«Attonito fissa sé stesso e senza riuscire a staccarne gli occhi rimane impietrito come una statua scolpita in marmo di Paro. Disteso a terra, contempla quelle due stelle che sono i suoi occhi, i capelli degni di Bacco, degni persino di Apollo, e le guance lisce, il collo d’avorio, la bellezza della bocca, il rosa soffuso sul niveo candore, e tutto quanto ammira è ciò che rende lui meraviglioso. Desidera, ignorandolo, sé stesso, amante e oggetto amato» – “Le Metamorfosi” di Ovidio
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Caravaggio
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Lo stile di Narciso
Una foresta nera, oscura fa da sfondo alla scena di Narciso che si specchia, contemplando la sua immagine quasi come volesse prenderla e toccarla. Possiamo osservare un dipinto che si sviluppa in verticale diviso in due porzioni speculari, come in una carta da gioco: sopra Narciso e sotto la sua immagine. Caravaggio riprende il mito e lo interpreta in chiave moderna – manca qui ad esempio la ninfa Eco, che ad esempio troveremo nell’opera di Poussin (Echo and Narcissus, 1627-1630), che si atterrà al testo classico.
Caravaggio fa tesoro della cultura artistica lombarda e della lezione di Leonardo: il chiaroscuro crea qui un’atmosfera di grande impatto visivo. Notiamo le forti ombreggiature sia sul corpo sia sulle vesti dell’immagine di Narciso riflessa nell’acqua limpida da permettere a Narciso di specchiarsi ma ricca di ombre – in antitesi con il testo ovidiano, che nelle Metamorfosi scrive: “una fonte che splendeva come argento liquido, non contaminata” (Le metamorfosi, Bur, 2013)

Caravaggio o Spadarino?

Nel 1913 lo storico dell’arte Roberto Longhi, eccelso studiose del Merisi, vede il Narciso a casa di Paolo D’Ancona e senza esitare lo attribuisce al Merisi considerandola come un’opera giovanile realizzata nei primi anni di soggiorno a Roma. L’opera viene venduta e donata nel 1916 alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini. L’opera non ha una documentazione e l’unica informazione è una
una licenza d’esportazione datata 1645, relativa ad un trasferimento di un’opera chiamata Narciso delle stesse dimensioni – da Roma verso Savona. Si apre un dibattito molto acceso sulla sua paternità: l’opera nfs attribuita a diversi artisti da Orazio Gentileschi a Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino. Ancora oggi non si ha una certezza sull’attribuzione a Caravaggio: la critica è ancora spaccata tra lo Spadarino e il Merisi.
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