Alla scoperta di giovani artisti Emergenti: l’intervista a Elena Adamou

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Elena Adamou foto in studio
Elena Adamou foto in studio

Lo scorso 30 ottobre, abbiamo avuto l’occasione di partecipare alla ReA! Art Fair alla Fabbrica del Vapore di Milano. In questa fiera dal sapore moderno e vibrante, abbiamo incontrato molti giovani artisti e potuto ammirare le loro opere. È stata letteralmente una ventata di novità e passione – per l’Arte, le nuove idee, i progetti creativi e tanto altro.

Why the future doesn't need us.Ode to Bill Joy -Photo Courtesy Elena Adamou, 2015-2017
Why the future doesn’t need us.Ode to Bill Joy -Photo Courtesy Elena Adamou, 2015-2017

Dal digitale alla scultura – i nuovi artisti esplorano e creano: il risultato per lo spettatore è davvero coinvolgente. Abbiamo deciso di intervistare alcuni di questi talentuosi artisti per conoscerli meglio, per avere il loro punto di vista ed essere coinvolti nelle loro storie e percorsi professionali. Oggi vi invitiamo a conoscere Elena Adamou, un’artista in grado di trasportarci in una dimensione artistica parallela – tra Ago e filo e l’intimizzazione del tempo. Lo spazio fisico delle sue opere d’arte diventa contenitore di cicli temporali – tanto personali quanto preziosi.

L’Intervista a Elena Adamou

  • Cosa ti ha spinto ad intraprendere il tuo percorso di artista?

Credo che quello che mi abbia spinto ad intraprendere questo percorso sia stata la mia grande attenzione verso i colori e la costante voglia di fare, quel leggero ‘prurito’ nelle mani. Ho cercato anche di evitarlo ma non ci sono riuscita. La necessità di creare è un po’ come la polvere che entra dalla finestra anche quando è chiusa, inevitabile, quasi permanente.

• Cos’è per te fare Arte oggi?

Riuscire a stimolare l’interesse di chi non è direttamente legato al mondo dell’arte e creare un dialogo, o anche solo portare loro ad una riflessione, che senza questo incontro non avrebbero fatto. Sono felicissima quando un amico mi scrive dicendomi, ”Bellissimo quello che hai fatto, che cos’è?”

• L’arte è ricerca e sperimentazione?

Ricerca e sperimentazione sono due parole tanto usate, per cui non posso che riconoscere la loro valenza nell’analisi della parola ‘arte’. Parlerò un po’ di come la vivo sul piano personale. Quando inizio a creare un’opera è perchè ho avuto una visione per come la chiamo io, un’immagine che mi ravviva. Un’artista dev’essere informato su tanti piani, riconoscere la realtà come un multistrato ed è questa sua attività ed interesse che lo porteranno a creare, per comunicare con gli altri. Nel momento in cui questo gesto si presenta più volte al fine di ripetersi continuamente, la persona si ferma ed inizia a riconoscere i suoi punti di interesse che vengono in superficie. Di solito il tutto si aggira intorno a tematiche simili, confermando la presenza di ossessioni, che si consolidano ad un certo punto in ricerca, dopo tanta sperimentazione.

• Quali sono i materiali che utilizzi per creare le tue opere? E quali vorresti sperimentare domani?

I materiali che amo usare si collocano di solito nel mondo tessile e negli oggetti del quotidiano. Sono aperta a tutti i mezzi, in passato ho lavorato con video e performance e non vedo l’ora di scoprire in quale materia si tradurrà la prossima idea.

• L’Arte è un veicolo di messaggi? C’è un messaggio dietro le tue opere?

L’arte è certamente un grande veicolo di messaggi e lo è stata da sempre. Le prime tracce lasciate dall’essere umano volevano semplicemente segnare la propria esistenza. Con il mio lavoro voglio smuovere qualcosa sul piano intimo delle persone, annotare l’importanza dell’osservare e del nominare.

• Come hai vissuto il lockdown?

Il lockdown è stato per me fondamendale perchè stavo già attraversando un periodo di cambiamento quando è accaduto. Avevo appena lasciato un lavoro stabile che è durato quattro anni, una decisione molto difficile da prendere soprattutto oggi quando siamo tutti in bilico. È stato un momento di concentrazione e maturazione del pensiero. Ho riordinato tutti i lavori vecchi, rifatto il sito da capo e creato molto. È stato un po’ come un respiro.

• Quali sono i tuoi progetti futuri?

Mentre leggo questo domanda sorrido perchè avrei in mente tante cose da pianificare ma nella condizione limitante nella quale ci troviamo diventa complicato concretizzare. Per quanto riguarda le mostre in arrivo ce ne sono due tanto attese.

Spazzola -Photo Courtesy Elena Adamou -2020
Spazzola -Photo Courtesy Elena Adamou -2020

La prima è la mia partecipazione alla trentesima edizione di MiniArtextil a Como dove esporrò un minitessile. La seconda invece avrà luogo presso la Fondazione Balestra a Longiano, in occasione dei trent’anni dalla creazione del loro archivio di arte moderna e la valorizzare dell’intera produzione letteraria del poeta Tito Balestra. Spero di avere presto tutte le informazioni definitive e poterle condividere con voi.

• Quali sono le tue riflessioni sul mercato dell’arte emergente oggi in Italia?

E’ difficile per me esprimere un opinione sul mercato dell’arte emergente oggi in Italia perchè mi manca l’esperienza empirica, nel senso di avere una galleria di riferimento. Credo che tanti artisti della mia generazione che stimo moltissimo, facciano fatica anche loro a creare e a mantenere dei rapporti stabili con delle gallerie e dunque di essere rappresentati nelle fiere. A Milano c’è un’offerta molto vasta non solo di artisti ma anche di eventi, residenze, mostre, happenings, spazi no-profit, associazioni culturali che trattano l’arte. Dove si colloca esattamente il mercato dell’arte però mi sfugge. Sembra che ci siano due realtà parallele, gli artisti contemporanei che si sostengono a vicenda e fanno parte della cerchia di eventi quasi autocelebrativi, e quelli che sono riusciti ad entrare nei giri dove si inizia a parlare di vendite ecc. La fiera d’arte giovane REA Art Fair che ha avuto la prima edizione questo fine Ottobre alla Fabbrica Del Vapore e dove ci siamo incontrate, è una buon esempio di tentativo del mettere gli artisti direttamente a contatto con fondazioni, galleristi, collezionisti, critici e giornalisti oltre che col pubblico, e quindi di munirci con un assaggio di ‘mercato’. Dopodichè un rapporto ha bisogno di tempo per maturare e quindi ci vuole pazienza e persistenza.

• Quanto influisce il digitale nella tua creazione artistica o nella tua comunicazione come Artista?

Ho sempre avuto un rapporto molto particolare con la tecnologa in quanto la vedevo con occhi sospetti. Tant’è vero che nel 2015 ho creato un’opera intitolata “Why the future doesn’t need us. Ode to Bill Joy” ispirata da un articolo dello scienziato informatico Bill Joy e pubblicato sulla rivista Wired nel 2000. Nell’articolo si parlava dei pericoli ai quali si sarebbe sottoposto l’uomo a causa di grandi sviluppi tecnologici. Io presi una mela verde e la incisi con la lettera Alfa, la dipinsi di vernice dorata e la rinchiusi in una scatola di plexiglass trasparente a dimensione della scatola del MacBookPro. La mela poi nel tempo si è ridotta e decomposta dentro ma diventando una bellissima gemma d’oro esternamente. La tecnologia influisce molto nel mio lavoro artistico, in realtà mi piace sperimentare con delle novità tecnologiche mantenedo però un’affinità di linguaggio. Così è nata anche My Naegleria Fowleri 2171′ , il ricamo interattivo realizzato insieme al sonic interaction designer Mattia Davide Amico.

• Ci racconti un’opera a cui sei particolarmente legata?

Direi che sono particolarmente legata al mio primo ricamo, cioè di quando ho deciso di utilizzare questa tecnica per realizzare un’opera. L’arte del ricamo la conosco da molto piccola ed è il ricordo di casa e della sfera intima che la circonda. Quest’opera ho deciso di intitolarla “Time” per via di una sensazione di pausa che mi dava, di stasi. Successivamente ho posizionato l’opera quasi sospesa in una teca di legno antica con la finestra di vetro. Time è un ricamo dai toni tenui ed è l’opera che ha dato il via alla mia serie di Time-Counters.

Time -Photo Courtesy of Athanasios Alexopoulos -2014
Time – Photo Courtesy of Athanasios Alexopoulos -2014

I Time-Counters sono dei lavori ricamati circolari che danno un’immagine fisica ad una cosa impalpabile, il tempo. Ago e filo vengono usati come una matita che tratteggia piccole linee, una affianco all’altra, su una superficie tessile. Prima di iniziare a ricamare definisco uno spazio-limite alla mia azione segnando a matita la circonferenza del cerchietto in legno (12,9 cm). Il disegno nasce dall’azione di un riempimento aleatorio. Durante l’operazione i fili della trama e dell’ordito si tendono, influenzando così anche la forma del cerchio iniziale, del quale diametro si distorce. Le opere diventano così un’espressione del marcare del tempo. Ogni minuto impiegato nell’operazione corrisponde ad un impulso interno, una dimensione intima e personale. Le opere prendono il proprio nome dal valore collettivo dei secondi, i minuti e le ore che passano, il nostro possesso più prezioso.

Time (detail) -Photo Courtesy of Athanasios Alexopoulos -2014
Time (detail) -Photo Courtesy of Athanasios Alexopoulos -2014
  • Ci spieghi la valenza e importanza del tempo nelle tue opere?

Il tempo nelle mie opere è il punto di partenza e di arrivo se camminiamo nel cerchio. Che il mezzo sia un video oppure che sia un’installazione, un oggetto, un ricamo, il tempo in qualche maniera salta sempre fuori. Penso sia la mia maggiore fissazione ed è una cosa incredibile, soprattuto il quanto viene sempre a mancare quel tempo che si passa con se stessi. Un tempo marginale.

• Tra scultura interattiva e antica tradizione del ricamo. Quanto del tuo essere intimo ritroviamo nelle tue opere?

C’è dentro tutto! La scultura interattiva è nata grazie ad un uomo meraviglioso, di grande ispirazione per me, nonché compagno di viaggio. Ho ricevuto il mio primo filo conduttivo come regalo al mio ventiseiesimo compleanno e da lì è nato all’interno del mio mondo, un’altro piccolo mondo a me prima sconosciuto. È stato un momento particolare decidere di fare questo passo e mescolare la tradizione con la tecnologia di consequenza far diventare lo spettatore parte integrante dell’opera. Interazione vuol dire partecipazione e condivisione. Tutto questo avviene tramite il contatto diretto della mano dello spettatore con la mia che ha ricamato tutti quei minuti. Il tattile è un senso che prevede un momento sociale e sono contenta che questo fattore mi abbia fatto uscire dalla mia sfera intima.

13076' for the Mediterranean, Photo Courtesy Elena Adamou -2019
13076′ for the Mediterranean, Photo Courtesy Elena Adamou -2019

Biografia di Elena Adamou | artista visiva, performer

Elena nasce a Nicosia, Cipro, nel 1991. Vive e lavora a Milano.
Si laurea all’Accademia di Belle Arti di Brera in Arti visive, e consegue un master in Design del Costume presso la stessa accademia nel 2015. Negli ultimi quattro anni ha lavorato nel laboratorio di textile della NABA. Nel 2020 è stata selezionata per MiniArtextil e Rea Art Fair. È stata finalista del Premio Nocivelli nel 2019 a Brescia e ha partecipato a Larnaca Biennale nel 2018 a Cipro. Ha esposto alla Fabbrica del Vapore a Milano, al Museo Civico di Crema e al Museo Civico di Carini. Ha partecipato al progetto di arte pubbica OFFSite Art per L’Aquila e nel 2015 è stata membro della giuria per Le Giornate Degli Autori per il 72a Venice Film Festival. Performance selezionate: Vite di Scarto curato da Loredana Putignani [Triennale, Milano]; Continuum di Luigi Coppola [Teatro Continuo di A.Burri, Milano]; Backstage Memories di Fabrice Murgia [Venezia Arsenale]; Counting Rice Exercise di Marina Abramovic [Statale Uni, Milano].

Elena Adamou – intervista 2020