Intervista a Giuseppe Veneziano: L’arte tra Provocazione e Innovazione

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Giuseppe Veneziano

a cura di Mario Esposito e Antonio Barbato

Nell’arte contemporanea, pochi artisti riescono a fondere provocazione e riflessione come Giuseppe Veneziano. Con le sue opere, Veneziano sfida le convenzioni e invita il pubblico a una profonda riflessione sul mondo che ci circonda. Nato a Mazzarino nel 1971, è uno degli artisti più influenti del panorama contemporaneo italiano. Dopo aver completato gli studi in architettura, si è dedicato completamente all’arte, sviluppando uno stile unico caratterizzato da un linguaggio visivo incisivo e spesso controverso. Le opere di Veneziano spaziano dalla pittura alla scultura, con un uso audace del colore e una predilezione per i temi sociali, politici e culturali. Le sue creazioni non temono di affrontare argomenti tabù e di sfidare l’opinione pubblica, rendendolo un artista tanto amato quanto discusso.

Abbiamo avuto l’opportunità di parlare con Giuseppe in occasione della sua ultima mostra alla Galleria Fabbrica Eos. Veneziano, noto per il suo stile provocatorio e le sue riflessioni sulla società contemporanea, ha condiviso con noi le sue esperienze, le sue idee sull’arte digitale e i suoi futuri progetti.

La tua ultima mostra si è tenuta alla Galleria Fabbrica Eos durante la Milano Design Week. Puoi raccontarci qualcosa di più su questa esposizione?

GV: “Questa mostra in qualche modo rileva le mie due anime. Perché, non so se molti sanno, io sono un architetto. Fino a qualche anno fa ero anche iscritto all’albo. E quindi questa mostra ha voluto rappresentare queste mie due passioni che in qualche modo si sono fuse. Ho voluto mettere in mostra la mia anima da architetto oltre che quella di pittore.”

Hai iniziato il tuo percorso come architetto e vignettista. Come hanno influenzato queste esperienze la tua carriera artistica?

GV: “Quando studiavo architettura a Palermo, il pomeriggio andavo al Giornale di Sicilia e facevo vignette sui fatti politici, sociali e di cronaca. Questo aspetto  lo ritengo fondamentale per il mio percorso perché bisognava raccontare un fatto in modo veloce e sintetico. Quindi questo elemento narrativo, questa sintesi dell’immagine per raccontare il più possibile, è stata un’ottima palestra che ho potuto fare durante gli studi. La formazione di un artista credo sia fondamentale e caratterizza il suo linguaggio. La mia formazione quindi non è passata dalle accademie di belle arti, ma è stata trasversale, tra fumetto, satira politica e vignette.”

Giuseppe Veneziano
© Giuseppe Veneziano

Negli ultimi anni hai anche sperimentato con gli NFT. Puoi parlarci della mostra “10 NFT” a Cernobbio e di come hai iniziato a lavorare con questa tecnologia?

GV: “Quella fu una mostra organizzata da Aldo Premoli, che lui nel comunicato definì la prima mostra pubblica di NFT. Non che prima non ci fossero state delle opere esposte pubblicamente, però in quella occasione si progettarono anche i totem e dovemmo studiare come era possibile mostrare pubblicamente una mostra installativa. Perché una cosa è utilizzare i pannelli delle pubblicità e mettere l’immagine, un altro è progettare proprio l’installazione della mostra. C’era il problema delle luci, dell’acqua visto che i totem erano all’aperto. È stata una banco di prova per vedere come una mostra NFT potesse essere installata e fu un’intuizione geniale del curatore appunto Aldo Premoli. Diciamo che il merito è diviso in due.”

Due anni fa hai affermato di non sentirti un protagonista, ma un testimone dell’arte in blockchain. Quali cambiamenti hai notato nel mondo degli NFT e dell’arte digitale da allora?

GV: “Il discorso sugli NFT è abbastanza complesso. È uno strumento per l’arte digitale, cosa che non è stata inventata adesso. Già negli anni ’70 e ’80 si parlava di arte digitale. La blockchain ha permesso di dare un’identità ai file, consentendone la commercializzazione. Prima si poteva copiare il file liberamente, rendendo difficile distinguere l’originale dalla copia. Alla fine, gli NFT hanno dato la possibilità di commercializzare. Si è inventato il mercato dell’arte digitale non l’arte digitale in se. Poi, con la crisi delle criptomonete, anche gli NFT hanno avuto un calo rispetto all’entusiasmo iniziale. Ora siamo in una fase di transizione, e possiamo osservare cosa accadrà”

Molti artisti stanno tornando al fisico dopo un periodo di entusiasmo per gli NFT. Cosa ne pensi di questo fenomeno?

GV: “Motta, ad esempio, è stato il mio iniziatore al mondo degli NFT e anche lui ora sta tornando al fisico. Chi viene dal mondo fisico vive parallelamente le due dimensioni, è più facile passare dal fisico al digitale rispetto a quelli che considero i veri protagonisti degli NFT: gli artisti nativi digitali, che hanno un linguaggio espressivo con potenzialità illimitate rispetto al nostro, anche se l’arte fisica ha resistito per 5000 anni e continuerà a farlo. Il digitale è uno sviluppo, ma non può sostituire l’arte fisica.”

Hai parlato della tua esperienza con gli elementi dinamici e multimediali. Come valorizzano il tuo lavoro?

GV: “Il digitale serve anche a valorizzare ulteriormente un lavoro fisico. Molti si sono limitati a digitalizzare l’opera facendo una foto e provandola a vendere. Per me, fisico e digitale sono due entità diverse. Ho aggiunto elementi dinamici come il video e i suoni. Le opere hanno per me due valori diversi. Molti artisti pensavano fosse più facile vendere il loro lavoro usando gli NFT, ma si entra in un contesto molto più confusionario che rischia di far perdere il messaggio che l’artista vuole comunicare”.

Qual è la tua opinione sull’arte generativa basata sull’intelligenza artificiale? L’hai mai utilizzata?

GV: “No, non l’ho utilizzata. Ho visto cose che mi hanno anche messo un po’ paura. Dipende come sempre da chi usa lo strumento. Ho scritto qualche prompt per vedere cosa sviluppava. Mi ha sorpreso come un computer possa tradurre delle parole in immagini. Non usandola in modo assiduo, non posso esprimermi più di tanto. Ritengo che sia l’artista che ha in mano lo strumento a fare la differenza riguardo l’output che si genera”.

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Cosa ci dobbiamo aspettare?

GV: “A breve organizzerò una mostra che prevede opere fisiche e opere NFT. Mi piace che in un percorso espositivo ci saranno entrambe le tipologie. Sto aspettando delle conferme, ma negli ultimi mesi del 2024 dovrebbe essere realizzata. Si sta preparando anche una scultura da esporre all’inizio della mostra che accoglierà i visitatori. Vedremo come sarà, vi terrò aggiornati.”

Biografia di Giuseppe Veneziano

Giuseppe Veneziano, nato nel 1971 a Mazzarino, Sicilia, si laurea in Architettura presso l’Università di Palermo e si trasferisce a Milano, dedicandosi alla pittura, all’architettura, alla scultura e all’insegnamento. La sua carriera artistica prende il volo nel 2004 con la mostra “In-Visi” a Milano, dove espone un controverso ritratto di Maurizio Cattelan, guadagnandosi la copertina di “Flash Art”. Veneziano rappresenta la realtà in modo diretto, affrontando temi di cronaca e controversi, credendo che omettere il negativo significhi raccontare una realtà parziale. Durante la pandemia, crea “La creazione dell’infinito”, ispirata a Michelangelo, con una mascherina chirurgica, simbolo del cambiamento globale. Le sue opere reinterpretano soggetti storici, collegandoli al presente, e vedono la Pop Art contemporanea come dinamica e influenzata dai social media. Nonostante l’ironia, le sue opere suscitano scalpore. Come dice Veneziano: “Se uno dei miei lavori fa scalpore, forse è la realtà stessa a fare scandalo”. Riconosciuto come uno dei principali esponenti della “New Pop Italiana” e del gruppo “Italian Newbrow”, vive e lavora a Pietrasanta, lasciando un segno significativo nel panorama artistico contemporaneo.