La mostra “Martini e Melotti. Un arco dello spirito” al Civico Museo Archeologico di Acqui Terme

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Arturo Martini Donna che nuota sott’acqua, 1941-1942 Bronzo (bozzetto) 27 x 30 x 60 cm Collezione Museo Luigi Bailo Treviso
Arturo Martini Donna che nuota sott’acqua, 1941-1942 Bronzo (bozzetto) 27 x 30 x 60 cm Collezione Museo Luigi Bailo Treviso

Martini e Melotti. Un arco dello spirito

7 ottobre 2023 – 7 gennaio 2024

A cura di Fabrizio Malachin e Paolo Repetto Civico Museo Archeologico, Acqui Terme

Il Comune di Acqui Terme presenta la mostra antologica “Martini e Melotti. Un arco dello spirito” negli spazi del Civico Museo Archeologico di Acqui Terme, cui si aggiunge un breve itinerario in città. L’esposizione, a cura di Fabrizio Malachin e Paolo Repetto con il coordinamento di Laura Garbarino, rappresenta un inedito confronto fra due assoluti protagonisti della scultura italiana del ‘900: Arturo Martini (Treviso, 1889 – Milano, 1947) e Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986). La mostra, organizzata dal Comune di Acqui Terme, in collaborazione con ComitArt in collaborazione con la Fondazione Fausto Melotti di Milano, il Museo Luigi Bailo di Treviso, Villa ottolenghi wedekind la Fondazione Casa di Riposo “J. Ottolenghi” di Acqui Terme, sarà aperta al pubblico da sabato 7 ottobre 2023 a lunedì 7 gennaio 2024.

Il percorso espositivo riunisce 57 opere tra bronzi, terrecotte, ceramiche, lavori in ottone e tecniche miste ed è preziosa occasione per raccontare la profonda sintonia artistica che legò Arturo Martini e Fausto Melotti.

La mostra prende il titolo da un passaggio del volume La scultura lingua morta (1945), testamento artistico di Martini in cui lo scultore esprime la propria speranza in una rinascita della scultura: “Fa’ che io serva solo a me stessa. Fa’ di me un arco dello spirito”, è l’appello che la scultura rivolge all’artista.
Il percorso si dipana lungo due tracce tematiche, che accomunano Martini e Melotti: da una parte, la convivenza fra la fede cristiana e l’influenza dell’antichità classica e, dall’altra, l’amore per la musica.

Arturo Martini
Annunciazione
1927
terracotta da stampo 25,5 × 22 × 20 cm collezione privata

Il desiderio di spiritualità condiviso dai due scultori si concretizza, nelle loro opere, nella rivisitazione delle radici culturali della nostra civiltà, in particolare quelle greche e romane. Il connubio fra cristianità e antichità classica emerge nitidamente nella produzione di Martini selezionata per la mostra: dai lavori maggiormente caratterizzati dalla fascinazione classica – come la piastrella decorativa in terraglia smaltata Icaro (1910-1911) e la scultura in bronzo Saffo (1937-1943) – si passa a sculture che rievocano vividamente l’iconografia cristiana, come il gesso del Figliuol Prodigo (1913-1914), il gesso di Adamo ed Eva (1913- 1914) e la terracotta Annunciazione (1927).

Altrettanto forte è il legame di Fausto Melotti con la mitologia greca – restituito attraverso opere come la terracotta Demetra (1943) e la Kore in ceramica smaltata policroma (1954) – e con l’immaginario cristiano – rievocato in lavori come la ceramica smaltata policroma Madonna con Bambino (1946 circa), l‘Annunciazione (1973) e la composizione scultorea Lazzaro (1980), che combina elementi in ottone, tessuto e gesso.

Comune ai due artisti è pure la fascinazione nei confronti della musica. Il sogno di Arturo Martini di divenire musicista è testimoniato nel percorso espositivo dalla presentazione della prima edizione di Contemplazioni, libro pubblicato nel 1918 e composto soltanto da piccoli rettangoli neri disposti su fogli bianchi, alfabeto indecifrabile e misterioso come uno spartito musicale.

Arturo MartiniAtmosfera di una testa, 1944 41 x 17.5 x 13 cm Museo del Paesaggio, Verbania Pallanza, provenienza raccolta Egle Rosmini
Arturo Martini
Atmosfera di una testa, 1944
41 x 17.5 x 13 cm
Museo del Paesaggio, Verbania Pallanza, provenienza
raccolta Egle Rosmini

La musica emerge forte anche nell’arte di Fausto Melotti che, a partire dal 1930 – compiuti gli studi di pianoforte – comincia a plasmare sfere, volumi di luce e linee in un ordine libero e aereo che rievoca l’andamento musicale. È in quest’ottica che nascono opere come Tema e variazioni III, Variazione n. 6 (1969/1984); Contrappunto Piano (1973) e Contrappunto XIV (1983). Ispirandosi alle costruzioni contrappuntistiche di Bach, Melotti crea uno spazio rigoroso dove le linee in movimento e i giochi di tensione e distensione nascono secondo un ordine insieme geometrico e astratto.

“Questa straordinaria esposizione ci offre l’esclusiva opportunità di entrare in contatto con lo spirito di due grandi artisti che attraverso le loro raffinate creazioni hanno saputo realizzare un ponte tra materia, anima, idee e progetto” dichiara il Sindaco di Acqui Terme Danilo Rapetti – “Inoltre, grazie allo stretto legame che tante opere hanno con la nostra Città, si realizzerà con il visitatore una connessione di particolare intensità che renderà la visita un’indimenticabile esperienza.”

“Arturo Martini e Fausto Melotti hanno voluto privilegiare il linguaggio plastico, quale mezzo espressivo della scultura, in aperto contrasto con quanti ritenevano che questa fosse un linguaggio antico, inadeguato e anacronistico rispetto al loro tempo. Ciò suggerisce un dialogo basato sulla tridimensionalità reale delle sculture” dichiara l’Assessore alla Cultura Michele Gallizzi – “Credo che questa mostra voglia ben rappresentare il potenziale artistico dei due scultori e permettere al visitatore di raggiungere la profondità d’animo espressa attraverso figure tridimensionali che accrescono in modo ragguardevole l’interesse artistico-culturale per la nostra città”.

“Questa mostra sancisce il ritorno in città, dopo quasi quarant’anni, di alcune opere pensate e create per Acqui Terme” – spiega Fabrizio Malachin – “e offre l’opportunità di rievocare quel felice momento artistico rappresentato dal sodalizio fra Martini e la locale famiglia Ottolenghi-Wedekind”

La mostra racconta anche la relazione di Martini con la città, in particolare con il conte Arturo Ottolenghi e la moglie Herta Von Wedekind, pittrice e scultrice, che in occasione della I Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma del 1931, rimasero tanto affascinati dal Figliuol prodigo di Martini da portarla con sé ad Acqui, dov’è tuttora visibile.

Arturo MartiniIl Figliol prodigo Fondazione Casa di Riposo Jona Ottolenghi fotografie: Ivano Anaclerio Antonazzo
Arturo Martini
Il Figliol prodigo
Fondazione Casa di Riposo Jona Ottolenghi fotografie: Ivano Anaclerio Antonazzo

Spiega Paolo Repetto: “Fausto Melotti ha dimostrato che la geometria può diventare sentimento, l’astratto può farsi organico, e l’opaca materia può trasformarsi in ineffabile spirito secondo il più intimo desiderio di Arturo Martini”.

A testimonianza del forte legame fra Arturo Martini e Acqui Terme, il percorso espositivo prosegue al di fuori del Civico Museo Archeologico per attraversare la città: si parte dalla casa di riposo Ottolenghi, che oltre al bronzo del Figliuol prodigo di Martini custodisce La madonna con bambino in pietra di Herta von Wedekind (visitabili su prenotazione tel. 0144 322192); si continua a Villa Ottolenghi, presso Monterosso, dove è possibile ammirare il grande gesso dell’Adamo ed Eva e il Tobiolo in bronzo (visitabili nei fine settimana su prenotazione tel. 335 6312093). Il percorso si conclude nel parco sottostante il Civico Museo Archeologico con tre importanti sculture: il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, un grande rilievo in bronzo di Pietro Canonica, primo maestro di Fausto Melotti all’Accademia Albertina di Torino; il monumento in pietra del 1905 al grande esploratore Giacomo Bove di Eugenio Baroni; infine, il ritratto a figura intera del Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Saracco, ultima opera di Giulio Monteverde del 1917. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da GLI ORI, di 112 pagine, e da un ciclo di appuntamenti a cura di Alessandro Martini e Maurizio Francesconi.

Acqui Terme, avvalendosi della collaborazione con ComitArt, torna dopo la pandemia a ospitare le antologiche, personali e collettive, dedicate all’arte italiana e internazionale del XX secolo che rappresentano una tradizione della città fin dal 1970.