In occasione del workshop: “Intelligenza Artificiale, tra ricerca e creatività” tenutasi presso la sede Cineca di Casalecchio di Reno, ho avuto il piacere di conoscere Federico Bomba che ha presentato il progetto “We gave magic mushrooms to an AI. Ask us anything” realizzato dal e con l’artista Roberto Fassone. Federico Bomba è il direttore artistico di Sineglossa ed ha avviato un interessante programma di collaborazione tra artisti ed esperti di Ia finalizzato alla creazione di progetti artistici. Ed è qui che incontriamo Roberto Fassone, artista protagonista della mostra And We Thought III a cura di Sineglossa – risultato appunto di un grande lavoro di relazioni artistiche e sinergiche.
Roberto Fassone è un artista, un grande sperimentatore che – come lui stesso ci racconta – vuole “espandere i confini dell’immaginazione”. Quest’intervista è stata un’occasione anche per me (anzi ammetto che forse è nata per una mia grande curiosità ) per comprendere meglio la sua poetica, la sua storia, la sua produzione artistica e i suoi orizzonti meravigliosamente indefiniti. Con la prima domanda cercavo un aiuto per definire il suo stile, e invece a fine intervista, ho compreso che forse le definizioni non fanno parte del suo immaginario artistico quanto invece sottolineo quanto le sue opere ci portano – oltre l’estetica – in una dimensione di grandi riflessioni. Un grazie anche alla dottoressa Irene Guzman che ha seguito la comunicazione stampa della mostra “And we thought | FOOD DATA DIGESTION”. Buona lettura.
INTERVISTA A ROBERTO FASSONE
RP: Un artista poliedrico e un grande sperimentatore: come ti definisci e come descriveresti il tuo stile?
RF: La nostra esistenza è molto strana. Così come l’esistenza della parola “strano”. Credo che la mia pratica sia una replica di quest’idea. Viviamo in un mondo in cui esistono animali feroci con le strisce, canzoni di Kelis rivisitate come se fossero suonate nel Medioevo, frigoriferi, soldi, sentimenti profondissimi, persone che hanno camminato sulla luna, altre che sono morte di overdose, i colori, gli alberi, intelligenze artificiali che scrivono come se fossero giornalisti, Judy Chicago, chiese enormi, i numeri, le lettere. Si cerca un senso, un significato, ma noi abbiamo inventato le parole “senso” e “significato”. Detto questo, sento di essere un artista. Il mio stile è un remix di manierismi concettuali. Mi piacciono i Brian Jonestown Massacre ma credo che Anton Newcombe sia una testa di c**.
RP: Quali le sfide che hai incontrato nella tua carriera artistica?
RF: La sfida è quella di espandere i confini dell’immaginazione. Dove finiscono? Come sono fatti? Assomigliano a un mare sotto al mare dei mari?
RP: Come pensi che la tecnologia stia influenzando il mondo dell’arte in questi ultimi anni?
RP: Il tuo progetto artistico “And we thought | FOOD DATA DIGESTION”, curato da Sineglossa ci porta in una dimensione di libertà creativa, tra arte, digital e IA: ce ne puoi parlare?
RF: Il progetto And we thought è un progetto molto stratificato. Proverò a semplificarlo in pochi passaggi.
Step 1: Sineglossa, un’associaizone che si occupa di arte e intelligenza artificiale mi propone di collaborare.
Step 2: Propongo di dar da mangiare dei funghi allucinogeni a un’intelligenza artificiale. Accettano.
Step 3: Diamo in pasto all’intelligenza artificiale migliaia di testi di trip report (ovvero resoconti di esperienze psichedeliche) di persone che hanno mangiato funghi allucinogeni.
Step 4: L’intelligenza artificiale inizia a scrivere come se avesse mangiato funghi allucinogeni.
Step 5: Do un nome all’intelligenza artificiale: Ai Lai.
Step 6: Nelle storie che scrive Ai Lai racconta di aver ascoltato un album di Killa, O.O.C., il cui singolo è B-dee-dee.
Step 7: Creiamo l’album O.O.C. di Killa, con il singolo B-dee-dee.
Step 8: Nelle storie che scrive racconta di aver visto tre film dei Led Zeppelin, The Doors, The Road e Love is Magic.
Step 9: Presentiamo la trilogia dei Led Zeppelin negli spazi di Alchemilla.
And we thought è un progetto che parla di immaginazione, realtà parallele e autorialità.
RP: Dalla software art con lavori artistici come “sibi” e “A study of Invisible skeletrons in future ideas” all’ultimissimo “and we tought” – si ritrova questa tua attenzione al tema della creatività. Quale la tua dimensione di sperimentazione nel tempo in campo artistico – con il progresso tecnologico?
RF: Penso che ogni ogni oggetto e ogni situazione siano potenziali punti di partenza per la creatività. Un bastone può diventare un cavallo, un serpente, un tagliaerbe, una spada. Allo stesso modo un televisore può essere spento, acceso, ribaltato, ingrandito, rimpicciolito, trasformato in un melo, gettato da un balcone, usato come seduta, colorato dello stesso verde del mio divano, costruito usando diversi televisori. Il progresso tecnologico ci porta ad avere nuovi strumenti da investigare e con cui sperimentare. Ma le azioni creative che possiamo applicare ad essi sono probabilmente le stesse che possiamo applicare su una sedia del 1600.
RP: – Arte & IA: con Sineglossa hai esplorato una dimensione collaborativa – un incontro con te in qualità di artista e un esperto in IA – insieme per realizzare un’opera d’arte. Dopo questa esperienza ti poniamo la domanda che ritroviamo sul sito https://andwethought.it
RF: Cosa accade quindi se intraprendiamo una via di collaborazione con le macchine? Dipende.
Se collaboriamo con un orologio possiamo scoprire il passare del tempo.
Se collaboriamo con una Toyota Hybrid RAV4 possiamo andare a Gallipoli.
Se collaboriamo con un iMac possiamo comunicare con una persona lontana.
Se collaboriamo con ChatGPT possiamo aggiornare il nostro profilo Linkedin.
Se collaboriamo con Midjourney possiamo immaginare mondi sconosciuti.
RP: Proseguirai con altri progetti in questa direzione di sperimentazione con l’IA? Quali sono i tuoi progetti futuri ?
RB: Sto lavorando su tre libri. Il primo, intitolato “Preferirei morire in un letto che per strada” è un libro sui titoli: Come si creano? Quando sono interessanti? Come cambiano nel tempo?. Il secondo, intitolato “A club full of metaphors” è una raccolta di commenti Youtube che parlano delle canzoni come se fossero immagini. Il terzo, “The Anarchist Lookbook”, è una collezione caotica di outfit, look, opere d’arte che usano il vestito come medium e curiosi aneddoti legati alla moda. Sto lavorando su un disco, “Too Stoned Nintendo”, una playlist di canzoni trovate su youtube in cui i creatori remixano pezzi esistenti con intuizioni molto sottili (da minore a maggiore, ripetizione di un riff, pezzo di Harry Styles nello stile degli Strokes, pezzo dei Tame Impala ma tu sei in un bagno, etc…). Negli ultimi giorni sto sperimentando con DALL-E ma non so ancora cosa accadrà.
RP: Domanda extra: parlando dei tool text to image e presto text to video user free per tutti – mi hai raccontato una bellissima tua riflessione citando anche Walter Benjamin: vuoi condividerla con noi?
RF: Si, volentieri. Walter Benjamin, nel suo saggio Short History of Photography (1931), suggerisce che la didascalia potrà diventare la parte più importante dello scatto fotografico. Estendendo il concetto potremmo dire che la didascalia andrà a sostituire lo scatto fotografico. Midjourney, DALL-E e Stable Diffusion stanno diventando nuovi medium espressivi, in cui la sensibilità dell’artista si pesa attraverso la sua capacità di fornire una didascalia alla macchina. Questi prompt sono istruzioni, formule magiche che contengono un potenziale espressivo enorme, analogo al clic del fotografo di fine ottocento. Forse nei prossimi decenni l’abilità di scrivere prompt diventerà una qualità richiestissima e diffusa: tra chi lo farà ci saranno pubblicitar*, artist*, ladr*, regist* e addett* alla comunicazione di partiti politici.