Hayez, Malinconia: significato dell’opera
Occhi scuri, grandi e arrossati: è questo il primo elemento che si nota di Malinconia, dipinto a olio su tela (138 x 101 cm) realizzato da Francesco Hayez tra il 1841 e il 1842 e oggi conservato alla Pinacoteca di Brera a Milano. Protagonista dell’opera è una giovane ragazza che si staglia in piedi al centro del quadro. Le mani intrecciate, il braccio appoggiato a quello che sembra un davanzale. Al suo fianco un vaso di fiori, dietro di lei un muro grigio, freddo, spoglio, così dipinto per non distogliere l’attenzione dalla fanciulla e per sottolineare l’atmosfera di cupa tristezza. Tutto riflette malinconia e depressione: la natura morta in disfacimento, l’aspetto trasandato di abiti e capelli della ragazza, i colori freddi, le ombre. Il vestito, color grigio-carta da zucchero, realizzato con tecnica mirabile, ricade in drappeggi che rimandano riflessi metallici, dando alla giovane un’aria di trascuratezza, accentuata dalla manica sinistra cadente che lascia scoperta una spalla fin quasi al seno, e dai capelli, sciolti in boccoli sfatti. Al collo un crocefisso, impigliato nelle vesti, che ricade storto sotto al petto.
L’espressione della ragazza è intensa e magnetica, gli occhi gonfi come di chi ha appena pianto guardano dritto in quelli dell’osservatore: l’innovativa disposizione del corpo di tre quarti aiuta a incanalare l’attenzione sul volto. A destra della giovane, un vaso di fiori che rappresentano l’ineluttabile scorrere della vita, e delle passioni: si parte da destra con dei gigli freschi, alcuni ancora in bocciolo, si continua al centro con vivaci violette e fiori di campo, e si continua a sinistra con rose e crisantemi appassiti, alcuni a tal punto da aver perso petali e foglie.
La malinconia nel romanticismo e la nuova tipologia del ritratto
Malinconia di Hayez è un dipinto pieno di riferimenti culturali: colori e fattezze del vestito sono un omaggio alla formazione veneta del pittore, a Tiziano e Savoldo; la natura morta un richiamo alla tradizione fiamminga; il tema stesso della malinconia si inserisce in quel filone contemporaneo al pittore di riflessione sull’individuo, la solitudine e il genio in chiave romantica. Anche Giacomo Leopardi aveva parlato in una lettera a Pietro Giordani del 1817 di quell’«ostinata nera orrenda barbara malinconia che mi lima e mi divora, e collo studio s’alimenta e senza studio s’accresce». Il genio romantico è tormentato, malinconico e condannato alla solitudine. Gli artisti sono spiriti ribelli che concepiscono l’arte come passione.
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In questa nuova concezione ottocentesca della creatività e dell’individualismo, si inserisce anche un nuovo modo di pensare il ritratto. Dalla seconda metà del Settecento, la ritrattistica aveva assunto il ruolo di legittimare il ceto emergente della media borghesia, individui che si erano distinti per meriti imprenditoriali e non per natali aristocratici. Un ritratto che si concentrava sulla descrizione realistica del soggetto e dell’ambiente circostante, indicandone la personalità e la condizione sociale, senza più idealizzazioni. In linea col nuovo “modo di sentire” romantico, gli artisti esaltavano nelle proprie opere l’espressione delle emozioni, i dettagli materiali legati a vestiti, oggetti, ambientazione, una gestualità più naturale.
Hayez descrive Malinconia
Dagli anni Venti dell’Ottocento, inoltre, si diffonde in Europa una pittura che si ispira al passato non classico, utilizzando iconografie più riconoscibili dai contemporanei, come quelle medievali. Lo stesso Francesco Hayez descrive così il soggetto di Malinconia nell’autobiografia Le mie memorie:
«La Malinconia era rappresentata da una giovane donna del Medioevo, che presa da un sentimento d’amore, sta in una posa abbandonata, che nonostante la passione per i fiori, da essa raccolti in un vaso, tenendone uno in mano che forse le ricorda la persona a lei cara, tiene alquanto china la testa, per meglio nutrire il pensiero che la domina, non curante tutto quello che le sta intorno, e gli abiti stessi che le cadono da una spalla, lasciando vedere parte del petto. L’abito è di raso celeste carico ch’io credetti adatto al soggetto, anche perché contrapposto alle tinte vive dei diversi fiori, ch’io presi tutti dal vero con cura coscienziosa».
L’opera, Malinconia, ebbe così tanto successo che Hayez decise di dipingerne una seconda versione, terminata nel 1842 e intitolata Pensiero malinconico.
Francesco Hayez: biografia
Nato a Venezia nel 1791 da una famiglia di modeste condizioni, asseconda la sua naturale inclinazione artistica seguendo le lezioni di Francesco Maggiotto, grande conoscitore della tradizione coloristica veneta. Nel 1806 viene ammesso all’Accademia di Belle Arti e nel 1809 vince un posto per l’alunnato triennale a Roma, dove conosce Antonio Canova. Nel 1822 inizia a insegnare come supplente all’Accademia di Brera a Milano, in cui diventa professore di pittura nel 1850 e presidente nel 1860. È dell’anno precedente Il bacio, forse il suo dipinto più famoso, divenuto presto simbolo della nascita della nazione italiana. Lo stile di Hayez è di impronta classicista, con rimandi all’uso del colore tipico della tradizione veneta. Dalle sue opere emergono l’impegno civile e il sostegno agli ideali risorgimentali, come nel Pietro Rossi chiuso dagli Scaligeri nel castello di Pontremoli, considerato il manifesto del Romanticismo storico. Francesco Hayez muore a Milano nel 1882, a novantuno anni.