Luis Sepúlveda Calfucura (Ovalle, 4 ottobre 1949 – Oviedo, 16 aprile 2020) è stato uno scrittore, sceneggiatore, poeta, giornalista e regista. Per ricordare la sua scomparsa avvenuta due anni fa lo ricordiamo oggi con una sua meravigliosa poesia d’amore e con alcune righe del libro “storia di una gabbanella e del gatto che le insegnò a volare”.

Luis Sepúlveda: “L’ultimo suono del tuo addio”

L’ultimo suono del tuo addio,
mi disse che non sapevo nulla
e che era giunto
il tempo necessario
di imparare i perché della materia.
Così, tra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
implorano la fame dell’udito.
Che le strade e la polvere
sono la ragione dei passi.
Che la strada più breve
fra due punti
è il cerchio che li unisce
in un abbraccio sorpreso.
Che due più due
può essere un brano di Vivaldi.
Che i geni amabili
abitano le bottiglie del buon vino.
Con tutto questo già appreso
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante a scrivere
La Più Bella Storia d’Amore
ma, come dice l’adagio
non si finisce mai
di imparare e di dubitare.
E così, ancora una volta
tanto facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda una stella fugace,
seppi che la mia opera era stata scritta
perché La Più Bella Storia d’Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi.

STORIA DI UNA GABBIANELLA E DEL GATTO CHE LE INSEGNÒ A VOLARE

[… ] Volavano sopra la foce del fiume Elba, nel mare del Nord. Dall’alto vedevano le navi in fila indiana, come pazienti e disciplinati animali acquatici, in attesa del loro turno per uscire in mare aperto e poi far rotta per tutti i porti della Terra.

A Kengah, una gabbiana dalle piume color argento, piaceva particolarmente osservare le bandiere delle navi, perché sapeva che ognuna rappresentava un modo di parlare, di chiamare le stesse cose con parole diverse.

«Com’è difficile per gli umani. Noi gabbiani, invece, stridiamo nello stesso modo in tutto il mondo» commentò una volta Kengah con un compagno di volo.

«Proprio così. E la cosa più straordinaria è che ogni tanto riescono anche a capirsi» stridette l’altro.

Al di là della linea costiera il paesaggio diventava di un verde intenso.

Era un enorme prato nel quale spiccavano le greggi di pecore che pascolavano al riparo delle dighe, e i pigri bracci dei mulini a vento. […]