Lo scorso 30 ottobre, abbiamo avuto l’occasione di partecipare alla ReA! Art Fair alla Fabbrica del Vapore di Milano. In questa fiera dal sapore moderno e vibrante, abbiamo incontrato molti giovani artisti e potuto ammirare le loro opere. È stata letteralmente una ventata di novità e passione – per l’Arte, le nuove idee, i progetti creativi e tanto altro.
Dal digitale alla scultura – i nuovi artisti esplorano e creano: il risultato per lo spettatore è davvero coinvolgente. Abbiamo deciso di intervistare alcuni di questi talentuosi artisti per conoscerli meglio, per avere il loro punto di vista ed essere coinvolti nelle loro storie e percorsi professionali. Oggi vi invitiamo a conoscere Bislacchi, un artista davvero interessante che ci porta nel suo mondo ad esplorare una nuova visione e rialaborazione del quadro (e del telaio). Le sue opere sono infatti, come lui stesso le definisce “dipinti che acquistano una forma”: dai Wall of Canvas (muri di tela) ai Flowing.
L’Intervista a Bislacchi
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Cosa ti ha spinto ad intraprendere il tuo percorso di artista?
Ho iniziato realmente a capire di voler intraprendere questo percorso verso i 14 anni, esattamente da quando frequentavo le prime classi di discipline pittoriche all’istituto d’arte del mio paese, in Calabria. Fu da qui che, con sincero entusiasmo del mio insegnante, che sapeva fortemente stimolare le mie competenze in materia e la mia instancabile voglia di apprendimento, è stato un continuo divenire tale che a fine liceo mi ha spinto fino all’estero per seguire un percorso accademico che mi ha letteralmente tuffato nel mondo dell’arte.
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Cos’è per te fare Arte oggi?
Non è altro che continuare a raccontare la storia dell’uomo seguendo le indicazioni di questo tempo.
- L’arte è ricerca e sperimentazione?
Assolutamente si. Mi viene da aggiungere che se l’arte è ricerca e sperimentazione allora è anche progresso. Credo fortemente nel processo evolutivo dell’arte, dove il suo percorso è direttamente proporzionale alla produttività della stessa. Nulla Dies Sine Linea diventa il motto di questo pensiero.
- Quali sono i materiali che utilizzi per creare le tue opere? E quali vorresti sperimentare domani?
Io uso principalmente materiali pittorici come la tela, il telaio e il colore. Questi elementi rappresentano l’esercizio fondamentale del mio fare artistico. In particolar modo la tela ha assunto una funzione diversa nel mio lavoro. Infatti, il suo impiego per me non è più radicato nel supporto pittorico tradizionalmente utilizzato per dipingerci sopra, ma diventa un elemento più attivo complice nella costruzione (intesa anche come rielaborazione pittorica) del dipinto stesso. Seguendo le ricerche di alcuni pittori informali del dopoguerra che mi hanno affascinato profondamente, ho scelto di rimuovere la tela dal telaio non perché volevo modificare il campo visivo del dipinto, ma come tentativo per ricominciare a ripensare all’idea del quadro da capo, con l’obiettivo di ricostruirlo secondo una diversa nozione pittorica. In futuro invece mi piacerebbe sperimentare di più con la scultura, una pratica che amo moltissimo ma che purtroppo al momento non mi è possibile esercitare per questioni di spazio.
- L’Arte è un veicolo di messaggi? C’è un messaggio dietro le tue opere?
Achille Bonito Oliva dice che l’arte è un massaggio al muscolo atrofizzato della memoria collettiva. Partendo da questo bellissimo pensiero, io dico che l’arte è, ed è sempre stata un mezzo indispensabile per l’uomo per raccontare se stesso. Le recenti scoperte di Pompei ad esempio, tutt’ora ci raccontano la quotidianità di quella società prima della catastrofe. Più è potente il messaggio dell’arte e più ha la possibilità di vivere nei tempi. Nel mio caso, racconto la mia storia e le mie esperienze con la pittura che è la pratica che mi affascina più di tutte le altre. Quando sono andato in Portogallo per una residenza, sono stato ipnotizzato dalla cultura azulejo e in particolare da alcuni elementi decorativi e costruttivi delle ceramiche a muro. Così inizialmente ho realizzato degli interventi pittorici site-specific all’interno di un parco industriale, disposti in dialogo con l’architettura decadente di un vecchia fabbrica di pittura abbandonata.
Questa esperienza ha stimolato in me la creazione di una serie di dipinti dal titolo Wall of Canvas (letteralmente tradotto come Muri di Tela). In queste opere, faccio riferimento al muro in senso metaforico perché più che elemento decorativo lo uso come mezzo per informare il processo di creazione del lavoro. In altre parole, costruisco il dipinto così come si costruirebbe un muro, usando la tela come elemento costruttivo al posto della calce e mattoni. I Wall of Canvas sono costituiti da lembi di tela dipinta e avvolti che vengono singolarmente tesi sul telaio in senso orizzontale o verticale, secondo uno schema costruttivo che va a riempire lo spazio vuoto tra i listelli del supporto.
- Come hai vissuto il lockdown?
Devo dire che l’ho vissuto abbastanza bene. Differentemente dall’Italia qui a Londra ci era consentito uscire per recarci sul posto di lavoro. Perciò sono stato costantemente in studio e sono stati mesi estremamente produttivi.
- Quali sono i tuoi progetti futuri?
Uno dei tanti è quello di riuscire a portare a termine la preparazione di una mia prima mostra personale. Ho un progetto al quale ho lavorato parecchio nell’ultimo anno e che vorrei presto esporre. Quindi al momento sono alla ricerca di una location che sia interessa a mettere in mostra il mio lavoro.
- Quali sono le tue riflessioni sul mercato dell’arte emergente oggi in Italia?
L’arte emergente Italiana ha sicuramente un problema di fondo, legato prima di tutto alle istituzioni accademiche. L’accademia secondo me dovrebbe essere l’ente primario che si occupa della crescita non solo educativa ma soprattutto professionale degli studenti. Io non ho frequentato un’accademia italiana, quindi non mi permetto di giudicare le sue funzioni didattiche, ma ho notato il loro forte distacco dalla scena artistica contemporanea. A Londra ad esempio, ho potuto sperimentare su me stesso il potere delle accademie e posso testimoniare il loro stretto legame verso il mondo dell’arte, basato su opportunità, residenze, premi, mostre e tanta visibilità. Con questo però non intendo dire che sia più semplice avere una carriera artistica all’estero, anzi al contrario. Però posso dire che molti degli artisti italiani (anche coetanei e conoscenti) che hanno ottenuto dei riconoscimenti in Italia in realtà li hanno ottenuti prima all’estero, dove si sono costruiti un curriculum fatto di mostre, premi e residenze da poter presentare poi come biglietto d’entrata sulla scena artistica italiana.
- Quanto influisce il digitale nella tua creazione artistica o nella tua comunicazione come Artista?
Il digitale influisce molto soprattutto per l’informazione e la comunicazione. Dal punto di vista creativo lo utilizzo per stimolare la mia ricerca artistica osservando e conoscendo le opere di altri artisti. Instagram soprattutto ha sostituito il confronto diretto in persona. Grazie a questa piattaforma sono entrato spesso in contatto con altri artisti di diverse località con i quali comunque manteniamo stretti contatti creativi e a volte anche rapporti di amicizia.
- Ci racconti un’opera a cui sei particolarmente legato?
Solitamente sono molto legato a tutte le mie opere perché considero ogni lavoro un passaggio essenziale per la costruzione della mia ricerca. Ma c’è un aspetto fondamentale del mio lavoro che ho sviluppato di recente ed è la realizzazione della serie dei Wall of Paper, ovvero la versione su carta dei miei dipinti. Infatti, sono molto affezionato a questa serie di opere solitamente piccole. Mi piace molto sbizzarrirmi con i Wall of Paper, arricchendoli di motivi e varianti diverse che delle volte diventano anche schemi per i lavori più grandi.
- Come intendi, nella tua produzione artistica, lo spazio e la spazialità?
Se parlo di spazialità faccio riferimento principalmente allo spazialismo, ma non associo questa caratteristica al mio lavoro. Molti pensano che io faccia sculture a muro, ma non è così. Io lo spazio lo intendo da pittore e non da scultore. Fontana ad esempio, aveva questa visione dello spazio da scultore anche nei suoi dipinti, ma perché lui era uno scultore. Io preferisco tenere separate la pittura e la scultura. I miei lavori non sono affatto pitto-sculture, sono dei dipinti che acquistano una forma e una dimensione fisica tramite il processo creativo a cui sono sottoposti.
- Nei tuoi ultimi lavori sei passato dalle superfici su tavola al telaio. Ci racconti questa tua evoluzione artistica?
Diciamo che ho alternato dei periodi dove lavoravo con i telai e poi anche con i supporti in tavola e viceversa. Mi piace utilizzare entrambi i tipi di supporto ma a volte dipende da cosa sto lavorando. Ad esempio, quando lavoro sui dipinti della serie Flowing, uso le tavole per creare dei fori all’interno della superficie del dipinto per poter inserire dei piccoli inserti di tela che seguono motivi curvilinei. Per i Wall of Canvas invece, che presentano tutt’altro processo, uso lo spazio del semplice telaio a quattro listelli come base per costruire interamente il dipinto.
Biografia
Bislacchi (1995) pseudonimo di Matteo Santacroce, è un artista di origini Italiane che vive e lavora a Londra. Nel 2014 dopo aver conseguito il Diploma in grafica pubblicitaria e fotografia presso l’Istituto d’Arte di Cittanova si trasferisce a Londra. Qui studia all’accademia di belle arti, alla City & Guilds of London Art School, dove ottiene una laurea triennale in Fine Art nel 2018.
Le sue mostre collettive includono: “After Hours”, Bowes-Parris Gallery, Londra (2020); “Sitting Room”, Artisan Space, Londra (2020); “Young Talent Contemporary Purchase Prize”, Cello Factory, Londra (2019); “The Feeling’s Mutual”, The Rectory Projects, Londra (2019); “The Art of Nature”, Mestna-Obcina, Nova Gorica, Slovenia (2019); “PADA Studios”, Barreiro, Portogallo (2019); “The Signature Art Prize”, Bankside Hotel e Trinity Art Gallery, Londra (2019); “Woolwich Contemporary Print Fair”, Londra (2019-2018); “ARTPIQ Summerhouse”, Dusseldorf, Germania (2018); “Dimensions”, Menier Gallery, Londra (2018); Crypt Gallery, Londra (2017); Diorama Arts Centre, Londra (2016). Tra le residenze artistiche a cui ha partecipato ci sono: “The Art of Nature” Cepovan, Slovenia (2019); “PADA Studios”, Barreiro, Portogallo (2019); “ARTPIQ Summerhouse”, Dusseldorf, Germania (2018). Nel 2019 è stato selezionato per il “Young Talent Contemporary Art Prize” e “The Signature Art Prize”. Nel 2018 gli è stato assegnato il premio “The Chadwyck-Healey Prize for Painting”.