Una carriera che abbraccia otto decenni dagli anni ‘30 al 2010, Louise Bourgeois è una delle più grandi figure dell’arte contemporanea. Le sue sculture e le sue installazioni su larga scala l’hanno resa nota in tutto il mondo, opere in cui riaffiorano i ricordi e i traumi legati a un’infanzia travagliata.
Lo Studio Trisorio di Chiaia, uno dei centri sacri dell’arte contemporanea napoletana, presenta la mostra “Rare language”, una delle tappe italiane volte a ripercorrere la storia e a rendere omaggio alla poliedrica artista francese. Dal 25 giugno al 31 ottobre la galleria partenopea ospita tra le sue stanze trentacinque disegni realizzati da Bourgeois tra il 1947 e il 2008 e quattro sculture in bronzo che ne testimoniano il “raro linguaggio” poetico nel corso di un lungo arco cronologico.
L’arte di Louise Bourgeois è permeata da ricordi autobiografici che riguardano diversi aspetti della sua vita. Dallo sfondo della Prima guerra mondiale e l’infanzia trascorsa a Parigi al rapporto con i genitori. La madre, infatti, soffriva di cattiva salute e morì quando Louise aveva solo 22 anni. A questo si aggiunge l’infedeltà del padre che ha determinato uno degli elementi chiave della sua poetica, la paura dell’abbandono. Entrambi sono stati per lei una profonda fonte d’ispirazione perché, come affermato dall’artista, non hanno mai perso il loro mistero, la loro magia e il loro dramma.
Alla fine degli anni ‘40 Bourgeois realizzò due piccoli disegni a inchiostro e carboncino raffiguranti un ragno. Cinquant’anni dopo, alla fine degli anni Novanta, iniziò a creare una serie di sculture di ragni in acciaio e bronzo che vennero poi installate in modo permanente in diverse parti del mondo, In Russia, davanti l’Ermitage a San Pietroburgo, in Giappone, nel quartiere di Roppongi Hills a Tokyo, a Ottawa, in Canada, di fronte al museo delle Belle Arti, e ancora in America, a Londra e in Qatar. Ma l’edizione più celebre si trova davanti al museo Guggenheim a Bilbao, in Spagna.
In un film biografico del 2008, “Louise Bourgeois: the Spider, the Mistress and the Tangerine”, l’artista parigina ha descritto queste sculture come il suo “soggetto di maggior successo”. Il ragno è il suo omaggio alla maternità e a tutte le donne del mondo. La filatura e la tessitura della ragnatela sono dei richiami specifici alla giovane madre, impegnata nell’attività di restauro degli arazzi familiari.
Nel frattempo, Louise si è dedicata giorno e notte alla pratica del disegno su carta. Una prassi che sembra sia stata accompagnata a quella della scrittura, un passatempo che ha coltivato per tutta la vita nei diari personali, in cui ha ricamato il tessuto dei suoi ricordi più intimi. Nel 1947 produsse anche un gruppo di stampe chiamate “He Disappeared into Complete Silence” che combinavano testo poetico e incisioni.
Se i suoi disegni sono spazi creativi in cui annota emozioni e idee, “infilandole come farfalle”, le sue sculture sono forme ancora più tangibili, immagini tridimensionali realizzate per esorcizzare il passato e le paure inconsce, superando così il suo caos interiore. Sono generate da ricordi che riaffiorano dal corpo, che l’artista chiama “semi” delle sue opere.
Geometrie astratte o spiraliformi, riferimenti espliciti ai corpi femminili e maschili, la necessità di immediatezza e di narrare la complessa relazione tra l’individuo e l’ambiente che lo circonda. L’arte era il suo strumento per sopravvivere, un esorcismo verso il passato e le paure inconsce.