“CRYPTO ART – Begins”: l’intervista a Eleonora Brizi e Andrea Concas

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Cryptoarte “CRYPTO ART – Begins”

“CRYPTO ART – Begins” è il libro edito Rizzoli curato da Eleonora Brizi ed Andrea Concas, che ci racconta la storia e l’evoluzione della Cryptoarte e dei suoi protagonisti attraverso 50 tra gli artisti più rappresentativi del movimento, tra i quali Hackatao, Refik Anadol, Giovanni Motta, Kevin Abosch, Osinachi, DADA.Art, Federico Clapis, Giant Swan – solo per citarne alcuni. Un libro innovativo per diversi motivi: in primis “CRYPTO ART – Begins” parla degli artisti, delle loro opere d’arte e del loro percorso artistico ed include le interviste a 50 artisti – e questi testi costituiscono indubbiamente un grande valore aggiunto – un’occasione per il lettore di approfondire il punto di vista direttamente dalle parole dei cryptoartisti. L’innovazione non si ferma: questo è un libro phygital acquistabile sia in libreria sia come NFT: su Nifty Gateway siamo al terzo drop di “CRYPTO ART – Begins” e chi compra questa versione NFT avrà la possibilità di collezionare un NFT creato da uno dei 20 talentuosi Crypto Artists selezionati attraverso una CALL 4 Artists. Dietro a questo grande lavoro editoriale troviamo Eleonora Brizi, digital e crypto art-curator che ha seguito il movimento della Cryptoart dagli arbori, e Andrea Concas, imprenditore e art tech entrepreneur. Vi proponiamo questa doppia intervista volta ad approfondire “CRYPTO ART – Begins” , un libro che ci parla di arte e di innovazione 3.0 – anche nel campo editoriale. Vi auguriamo buona lettura.

L’intervista a Eleonora Brizi e Andrea Concas

RP – Fino a ieri non c’era un libro che raccontasse gli artisti, le opere d’arte e la filosofia della Crypto Art.  CRYPTO ART – Begins” colma questa lacuna raccontandoci ben 50 artisti. Penso che anche se siamo nell’era del web 3.0 – la storia dell’arte abbia bisogno della sua letteratura a maggior ragione se si parla di Crypto Art che porta tanta innovazione sotto tanti punti di vista. Possiamo dire che questo libro “accademizza” la Crypto Art? 

AC: L’obiettivo non è tanto accademizzare, quanto coprire un gap di conoscenza: mettere nero su bianco alcuni concetti che fossero in linea da un lato con il Web3 dall’altro con il mondo canonico del sistema dell’arte. Con Eleonora abbiamo parlato sempre di questa visione e una delle scelte principali è stata quella di non parlare di mercato in questo libro, affinché si potesse raccontare la Crypto Arte attraverso la visione degli artisti che è lo strumento migliore per poter iniziare a capire come è nata, cosa è successo e qual è la loro ricerca artistica. É importante iniziare a capire quali saranno i fattori da tenere in considerazione. Nell’innovazione del libro risulta quest’unione: da un lato una validazione nel mondo canonico, quindi un libro che sta in una libreria e il mondo dell’arte si esprime tramite le pubblicazioni che concorrono nella validazione di un artista o di un percorso artistico. Questa era la nostra volontà, ma non solo. Un libro che desse anche la possibilità di collegare tutte quelle che sono le dinamiche tipiche degli NFT, sia in termini della vendita stessa, in termini di collezionismo e quindi convogliare anche – e questo è stato il tentativo più grande – le due community e far sì che questo libro potesse diventare un bridge, un ponte tra questi due mondi, quello del mondo dell’arte istituzionale e quello del Web3 e della Crypto Arte. 

EB: Io non utilizzerei mai la parola accademizzazione per un movimento come quello della Crypto Arte, perché è un movimento che nasce da tutto ciò che non è accademizzato ovvero dai popoli di internet e dà libertà di espressione, dà la possibilità a nuovi generi d’arte, che non sarebbero stati mai accettati nel mondo dell’arte, di essere considerati arte. Quindi non accademizzazione ma canonizzazione. Secondo me la cosa più interessante – ed è un concetto in cui credo molto – è questo: pensiamo a che cosa fa un libro e cosa fa la blockchain. Ci sono tante cose che la blockchain non ha risolto ad esempio la “provenance”: se avete visto il film Big Eyes di Tim Burton dove lei dipinge i quadri che il marito vende e nessuno ha mai saputo fino alla fine che l’artista invece era lei, la moglie. Qui è lo stesso: non essendoci intermediari se XCOPY (ndr crypto artista anonimo) fosse mio cugino non lo saprebbe mai nessuno. Però c’è una cosa che la blockchain risolve ed è probabilmente quello che fa meglio: è il “Time Stamp” ovvero il valore storico. Ed è per questo che abbiamo organizzato il Festival storico degli NFT. Il Time Stamp non si cancella, è eterno a meno che un giorno non sparisca Internet o la corrente. Un libro nel mondo fisico è la stessa cosa o quantomeno lo fa molto bene. Un libro è l’eternizzazione, il time stamp della letteratura, arte, scienza etc. 

RP: C’era la necessità di un testo di riferimento – quantomeno in Italia – sulla Crypto Arte. Voi avete fatto una selezione di top 50 Crypto Artists: un grande lavoro. 

AC: Questo era importante farlo con Rizzoli e per me era uno degli obiettivi. La scelta dell’editore canonico è una chiara volontà da parte nostra di rispettare quello che è il mondo tradizionale e quindi parliamo di un libro che è registrato, che è disponibile in libreria, che è distribuito. Per me la carta stampata ha un grande valore, pur lavorando molto nel digitale. L’onore e la responsabilità di scrivere un libro è sempre un qualcosa che rimane nero su bianco; noi speriamo che gli NFT e la blockchain rimangano nel tempo: i libri terminano, ma sono sempre li e bisogna avere molto rispetto. Confidiamo anche che si sia messa una piccola pietra miliare su qualcosa che magari non è nostro, sarà più grande, però ci siamo. Siamo stati tra i primi a farlo a livello internazionale con una grande casa editrice, penso che CRYPTO ART – Begins” possa essere un grande contributo per qualsiasi utilizzo ne verrà fatto dopo che sia di collezionismo, scolastico o di formazione.

RP: Tra editoria canonica e web 3.0: CRYPTO ART – Begins” è un libro phygital che ci porta in una dimensione d’innovazione nell’industria del libro. Se con The NFT Magazine ci siamo trovati a conoscere e collezionare una rivista d’arte NFT, è la prima volta che un “libro d’arte” viene venduto sia come NFT sia come libro fisico: sarà questo il futuro?

AC: È bivalente e sono contento anche di questo, perché è un grande passo nei confronti di Rizzoli che in qualche modo ha dato molto fiducia a noi e al progetto. É il primo libro Web3 che viene pubblicato, non è un dato da sottovalutare quando parli con una grande casa editrice. Far capire anche le dinamiche, la distribuzione – al di là che questo possa intervenire o meno nelle dinamiche proprie della distribuzione del libro – è in realtà un grande passo e questo va riconosciuto. The NFT Magazine rimane un progetto indipendente, una formica all’interno dell’editoria canonica e nel mondo del Web3, un bellissimo laboratorio. Quando fai invece un libro con un grande editore come Rizzoli è comunque un riconoscimento anche dell’establishment dell’editoria. All’interno del libro c’è la possibilità di riscattare un NFT e questo rapporto è bivalente. Quindi da un lato ci sono stati i vari drop con cui è possibile acquistare in anticipo il libro, avere dei benefit e degli NFT. Dall’altro chi lo compra in libreria ha il diritto di riscattare un NFT che poi da accesso al Metaverso. 

RP: Immagino che anche l’editoria voglia esplorare questa nuova dimensione di vendita – NFT- e sarei curiosa di sapere come un editore storico quale Rizzoli ha accolto inizialmente la vostra proposta di creare un libro Phygital – tra NFT e copia fisica. 

AC: Personalmente come autore di tanti libri con Mondadori e Rizzoli, ho un rapporto di fiducia, e quando si è paventata la possibilità di questa pubblicazione abbiamo avuto un confronto diretto con l’amministratore e con i nostri editor. Io e Eleonora ne avevamo parlato in tempi non sospetti. Per me era molto importante iniziare a lavorare su questa unione dei due mondi. Per loro (Rizzoli) è molto complesso capire queste dinamiche, come per qualunque corporate, perché non ci sono ancora procedure legali, finanziarie e anche di comunicazione nei confronti dei canali tradizionali di promozione che lasciano intendere come gestire queste procedure. C’è stato un progetto che abbiamo portato in autonomia per quanto riguarda il Web3 e con loro ci siamo affidati per quanto riguarda la distribuzione. Abbiamo avuto completa fiducia e grande entusiasmo nell’iniziativa e nella creazione di questo lavoro. Il progetto, al di là del libro in libreria, prevedeva, ed è stato fatto a settembre, un grande drop con delle edizioni speciali solo da collezione. La casa editrice ha realizzato delle edizioni speciali del libro con copertine e un packaging specifico per ognuno dei 50 artisti. Vi era una complessità dunque anche editoriale e abbastanza grande perché di fatto sono state fatte 50 varianti del libro, stampate vendute tramite l’NFT. Ma c’è un problema molto grande e complesso: fornire delle informazioni che siano aggiornate nei tempi tipici di un libro, e si parla di un anno e con un mercato che è veloce. Intervisti il primo artista e quando finisci con il cinquantesimo probabilmente dovresti già aggiornare il lavoro sul primo. É stato veramente un lavoro molto complesso, con Eleonora che si è occupata della curatela per cercare di bilanciare quali fossero le domande e le informazioni affinché non diventassero vecchie già ancor prima della pubblicazione. Probabilmente già adesso che esce il libro qualcosa non tornerà in linea con un mondo che si esprime per millisecondi, ma questa è una scelta editoriale e questa è una delle complessità più grandi. Non è un “print on demand” ma un libro che ha richiesto più di un anno di progettazione e realizzazione. É molto difficile anche riportare tematiche di attualità, in un mondo che è in costante cambiamento.

EB: All’interno del libro ho redatto un saggio sulla curatela nel Web 3 e nel metaverso: quello che ho scritto potrei dire che non è più aggiornato. Vorrei già cambiare il testo, perché partecipando a questo mondo, realizzi che le cose stanno cambiando alla velocità della luce. Di certo la carta non segue la velocità del digitale. 

RP: Potremmo dire obsolescenza della carta stampata. Ma la carta, un libro stampato è un punto di partenza importante. Chi legge lo sa che il nostro mondo digitale va a mille. 

AC: Non è un libro che scade: è la creatività che va avanti.

CRYPTO ART BEGINS
CRYPTO ART BEGINS

RP – Troveremo le interviste agli artisti e quindi il loro punto di vista su alcune tematiche di grande attualità – dalla creatività alle considerazioni sul futuro dell’arte. Potete condividere con noi alcune delle riflessioni emerse (intervistando gli artisti)?

EB: Le interviste contribuiscono a non far scadere il contenuto. Le interviste sono le parole dirette degli artisti e quelle non scadranno mai. Il libro è tutto fatto di interviste e io sono contentissima di questo formato, anche perché è molto più fruibile. Sono 50 interviste diverse e il lettore può leggere un capitolo alla volta. C’è un tunnel infinito di libri scritti da terze persone: ma quando si ha la possibilità di confronto con gli artisti fra le mani non capisco perché quelli a parlare non debbano essere proprio gli artisti. Ora però immagina intervistare 50 artisti di cui solo 9 o 10 hanno scelto il formato scritto. Io ho insistito tantissimo dall’inizio per quanto riguarda il formato delle interviste dirette, quindi farle on-line, perché un libro secondo me merita rispetto intellettuale, il dibattito va fatto con delle interviste in cui si discute apertamente, non tramite delle domande scritte. Ovviamente nessun problema per chi predilige e sceglie la modalità scritta, anche perché nel mondo della Crypto Arte ci sono dei nuovi valori quali l’anonimato, e questi valori vanno rispettati. 

Queste discussioni con gli artisti sono state meravigliose nonostante la complessità organizzativa degli artisti. Gli incontri sono avvenuti in un momento specifico, che è quello del bear market. In un momento di crisi, spesso si ha il meglio delle persone che la stanno vivendo. Le domande poste sono volte a capire l’identità del movimento in questo momento, da dove siamo partiti, dove siamo e soprattutto dove andremo. Seguendo il sistema Crypto-Twitter non è facile avere queste discussioni con gli artisti. Ma il lavoro è stato proprio di prendersi questo tempo, oltre 50 ore di conversazione nel mondo Crypto e poi ovviamente condividere questi contenuti, per ridarli alla comunità, al pubblico per dire: “eccoci! Questa è la nostra identità”.

RP – Eleonora, sei una pioniera nell’aver seguito – e raccontato con importanti approfondimenti e mostre curate – l’evoluzione e l’ascesa della Crypto Art, fianco a fianco con gli artisti. É ancora presto per parlare di evoluzione – anche estetica – della Crypto Art, o no? Ci sono dei leitmotiv nella produzione artistica dei Crypto Artist? Come possiamo definire la Crypto Art?

EB: Questa domanda è fondamentale ed è stata il mio pallino durante tutte le interviste. C’erano sei domande e poi c’era la domanda “bonus”, questo “tranello” che tendevo agli artisti chiedendogli: “Qual è l’estetica della Crypto Arte?”. C’era stata una critica costruttiva tempo addietro durante una conferenza: una figura dal mondo tradizionale mi fece una domanda a tal proposito e il quesito ha scaturito una riflessione. Un anno e mezzo fa non si era mai parlato dell’estetica con gli artisti e appena ho avuto l’occasione l’ho chiesto a tutti gli loro. Era giusto e fondamentale come community trovare una risposta dove tutti alla fine sono d’accordo. Tutti hanno dato lo stesso feedback – chi con più veemenza chi con pacatezza – ma dopo 50 interviste posso dire che concordiamo tutti sul fatto che il movimento della Crypto Arte non si basa assolutamente sull’estetica. L’estetica non è contemplata, è un movimento che si basa su dei valori, su ethos che sono libertà di espressione, libertà di sperimentazione, di decentralizzazione e di rompere i margini sia da un punto di vista non tanto stilistico ma proprio dal punto di vista dei tool: è sperimentazione pura, non basato sull’estetica perché questi generi d’arte che non sarebbero mai stati accettati, mentre possono benissimo fare parte della crypto arte. Un po’ come quello che è successo, come mi suggeriva un artista, con la fotografia: per decenni non è stata accettata nelle gallerie e finalmente ora la rispettiamo come arte. Tutti gli artisti sono d’accordo sul fatto che la Crypto Arte all’inizio doveva avere una auto-referenzialità alle criptovalute e alla blockchain, ora non è più così: è un movimento basato su dei valori quindi non si basa sull’estetica probabilmente perché nel 2022 i movimenti artistici non si devono più basare sull’estetica. Allora oggi la mia risposta alla domanda (che avevo ricevuto) dopo aver parlato con tutti i creativi e gli artisti, sarebbe: la tua domanda è sbagliata. Un movimento artistico in questo momento storico non si basa più sulle estetiche: un movimento che nasce dai popoli di internet come fa a essere basato sull’estetica? Anche perché tutti gli artisti che all’inizio hanno seguito la falsa estetica del digitale, nel senso che doveva essere flashy e necessariamente in movimento, oggi invece creano opere d’arte digitali più complesse e spesso utilizzano la tecnologia in un modo che non vedi. Bisogna parlare con gli artisti di queste tematiche e questo l’abbiamo fatto con il libro. Adesso siamo pronti a rispondere.

AC: Quanto è stato detto dagli artisti è l’opportunità più grande oggi: disegnare delle nuove regole. Questa è anche la parte più bella. Il problema è che se non lo fanno i curatori, gli storici, i critici e non lo fanno gli artisti stessi, allora rimane solo il concetto di mercato. Il libro e il lavoro di Eleonora portato avanti nella curatela del libro serve a questo: a creare una base di ragionamento.

EB: É bello che emerga che queste discussioni avvengono veramente. L’ultima volta che ero a New York ho avuto una discussione sulla Crypto Arte, che è sempre stata chiamata Rare art da quelli che la Crypto Arte l’hanno inventata, i Rare Pepe. Joe Looney, che ha creato il Pepe Wallet, mi fece fare una bella risata perché questa community non sa cosa siano gli NFT, ma loro li hanno codificati gli NFT e si chiamavano Pepe. E questa discussione è stata fatta anche al Festival storico degli NFT, dove tutti si chiedevano: ma perché li chiamiamo NFT? Venendo dall’America – e loro gli acronimi li amano –  a un certo punto NFT ha iniziato ad essere usato. C’è sempre questa smania di voler codificare tutto con un nome. Joe Looney racconta sempre questa storia di quando hanno venduto l’opera di Beeple a 69 milioni ed è andato a casa e ha detto alla moglie “tesoro hanno venduto un Pepe per 69 milioni di dollari”. Un Pepe è un token, non è un NFT, quindi anche nel linguaggio c’è bisogno di fare alcune riflessioni. E queste discussioni sono continue. 

AC: Adesso arriva Instagram che li chiamerà digital collectibles. Però di fatto la dinamica di comunicazione è la stessa: le persone collezioneranno asset digitali, chi li chiamerà Pepe o chi digital collectibles. NFT sarà il nome tecnico come puoi chiamare un Byte, un Mega o un jpeg. Tu mandi un’immagine non mandi un jpeg. NFT rimane un termine. Instagram probabilmente raggiungerà un pubblico di massa non educato e la gente li riconoscerà come digital collectibles. Poi che l’asset latente sotto sia definito NFT, ERC-11, ERC-20, li sarà una questione per addetti ai lavori. Il problema è che era difficile dire: “abbiamo venduto 69 milioni di jpeg”. I Pepe non li conoscevano perché sono stati conosciuti solo dopo grazie a Sotheby’s e Christie’s e quindi qui la domanda: come lo chiamiamo? Non Fungible Token. Poi vedremo tra qualche anno o qualche mese cosa la massa determinerà: se Pepe, digital collectibles o token.

CRYPTO ART BEGINS

RP – Con la Crypto Arte troviamo un “sistema” dietro all’opera d’arte e alla sua vendita – tra piattaforme digital, communities e fruizione digital e phygital. É il “Crvpto Art System” (tema fondamentale!) di cui parli nel libro – che è importante oggi comprendere anche nell’ottica di una nuova era web 3.0 in arrivo. Forse proprio l’arte ci aiuta a comprendere queste nuove tecnologie – dalla blockchain al Metaverso?

AC: Questo è l’unico capitolo del libro in cui si utilizza questo concept, quello del sistema dell’arte, ed è l’unico punto in cui parliamo in maniera indiretta di mercato, per far capire cosa c’è dietro. Questo era l’obiettivo principale, per capire come si muove questo mercato, che si forma nel momento in cui si hanno tre player principali. Nel mondo dell’arte contemporanea questi sono il gallerista, l’artista e il collezionista, invece, si inizia a delineare un sistema dell’arte in cui vi è da un lato il Crypto Artista o l’artista, la community e poi il marketplace. L’insieme di questi tre fattori in qualche modo determina l’andamento stesso del mercato, perché oggi sono strettamente legati. Ogni marketplace ha peculiarità proprie, siano esse tecnologiche siano esse di utilizzo di determinate chain o di modalità di pubblicazione. Ha diversi collezionisti, diverse filosofie anche di gestione, che vanno dalle DAO alla decentralizzazione e gli artisti che scelgono di pubblicare su una piattaforma piuttosto che su un’altra spesso ne condividono anche la visione. Dall’altro una community che non è solo il collezionista. Oggi collezionare alcuni artisti è proibitivo: Hackatao in primis (un’opera 1/1) o Beeple hanno dei prezzi che sono oggettivamente importanti e non tutti possono arrivarci. È vero che poi loro si adottano – in limited editions o collectibles, però ciò non toglie che hanno una Community che li segue e loro si confrontano con la community, con Twitter o Discord, parlano e prendono in considerazione consigli o discussioni. É quello che diceva prima Eleonora: è il confronto. Ieri eravamo su Twitter a discutere come scrivere Crypto Arte e questo è bellissimo perché c’era una community che leggeva e ha commentato quel thread, che tu abbia l’opera o meno.

Quindi la Community ha un ruolo principale nel successo dell’artista che ne riconosce la sua valenza culturale, stilistica, di pensiero, poi di conseguenza anche quella economica. Per me è qua la differenza: quando l’artista pensa un’opera che in qualche modo vada su uno Smart Contract e tiene in considerazione il marketplace, la tecnologia, l’evoluzione della tecnologia, la community con cui interagisce, questo interviene in maniera sostanziale, forte nella visione della ricerca dell’artista. Come Michelangelo andava a prendersi i suoi blocchi di marmo, e ricercava una determinata venatura fatta in modo che non si rompessero, a me romanticamente piace pensare che l’artista, quando disegna la sua opera, sia essa un video, una grafica, quello che vogliamo, vada a presupporre che quella verrà distribuita in un determinato modo. Allora prende vita quello che è il “Sistema Crypto Arte” che poi determina il mercato fondamentalmente quindi il successo da un lato culturale e su cui ancora bisogna lavorare grazie alla curatela, ma dall’altro anche di mercato. I Metaversi hanno un ruolo incredibile in tutto questo. Eleonora fa una citazione molto bella del libro e ribadisce un discorso che io ho sempre fatto pubblicamente. 

Il problema è l’approccio ai metaversi: è sbagliato proprio perché ci siamo sempre preoccupati di fare un digital twin-set e parlo dell’arte fisica. Ma quello non è il Metaverso: il metaverso non ha pareti, non ha colori, non ha definizioni, non ha limiti alla fantasia. Allora lì si aprono mondi inesplorati ed è qua che anche il sistema della crypto arte, il racconto, l’esposizione di queste opere necessita di ragionamenti differenti che non hanno limiti. Questa è la cosa più bella se ci pensi e il problema è che per fare questo serve l’artista che lo capisca e dall’altra il curatore che valorizzi questo e ovviamente le competenze tecniche per realizzarlo ed oggi probabilmente siamo all’1% del potenziale che potremmo avere. Allora la mia domanda è: come tu fai la grande mostra al museo Guggenheim e decidi di dipingere una sala di rosso perché vuoi richiamare quell’emozione, perché non lo devi fare nel metaverso? Dobbiamo lavorare su questo, sul potenziale dell’Internet del futuro e il Metaverso ha un grande ruolo. Oggi abbiamo un grandissimo problema di esposizione di queste opere. E non posso pensare che la crypto arte sia mostrata in “un negozio di elettrodomestici”. Serve un racconto, serve una curatela. Probabilmente la fisicità vorrebbe dei costi importanti, ma stiamo vedendo dei casi bellissimi: vediamo ora sale immersive, vediamo musei che si stanno dotando di queste soluzioni. Si può lavorare, serve tempo. Questo però è nella strada per il futuro: creare un valore anche culturale, la valorizzazione culturale. E questo passa dai curatori, dalla community e da tutto questo sistema di queste tre parti. Oggi i marketplace sono cruciali, ma non c’è un modello, ci sono soltanto applicazioni. Oggi tanti collezionisti collezionano solo su una piattaforma, altri artisti lavorano solo su poche piattaforme, altri sperimentano su tutte utilizzano diverse blockchain, diverse tipologie. Il metaverso secondo me è quel ponte tra il Web3 e la vita reale, perché c’è l’esperienza. E allora il Web3 e il metaverso possono essere quell’unione tra la vita vera e l’esperienza digitale.

EB: Il metaverso oggi ha un grandissimo problema che porta alla non adozione della massa – anzi la massa questo problema non l’ha ancora toccato. La questione è la mancanza di interoperabilità. Se ricreiamo 800 milioni di metaversi anziché fermarci e chiederci: come li rendiamo interoperabili? Finché i programmatori non si metteranno a lavorare – e lo stanno facendo – sull’integrare web 3 e Metaverso – il metaverso rimane superficiale.

HACKATAO CON COVER

RP – In un recente report** si riflette su quanto oggi non sia riconosciuta l’arte contemporanea Italiana all’estero. Per la Crypto Arte italiana invece è l’opposto. Con l’augurio che questo libro aiuti il grande pubblico ad approfondire la Crypto Arte anche made in Italy – gli artisti Crypto italiani sono poco conosciuti in Italia: quali secondo voi i motivi di questa tendenza inversa? **Quanto è riconosciuta all’estero l’arte contemporanea italiana? BBS Lombard art + culture.

EB: Io personalmente ne sono anche contenta. Non dobbiamo necessariamente distinguere di nuovo per nazionalità. È proprio il contrario. La Crypto Arte è geograficamente agnostica. Poi se si parla della disinformazione o inconsapevolezza, è bello sapere dove questi creativi e artisti vivono, quali sono le proprie origini, perché non è che tutto vada necessariamente cancellato. Durante la pandemia io e gli Hackatao abbiamo organizzato la mostra CR(Y)PTALY ed abbiamo fatto una Open Call scoprendo che c’erano tantissimi artisti presenti in Italia, ma durante la pandemia avevano un senso. Invece rafforzare costantemente il concetto di nazionalità per un movimento che nasce, cresce, vive, si sviluppa su internet, secondo me è sbagliato. 

AC: Sono d’accordo. Non esiste nazionalità nel Web3 e noi stessi nei nostri progetti non abbiamo alcun riferimento alla nazionalità. La community di NFT Magazine è 90% straniera al di là delle nostre attività italiane. Abbiamo i nostri alfieri italiani. Se mi chiedi se l’Italia ha avuto un ruolo cruciale nell’evoluzione, ti dico di no. Abbiamo degli ottimi artisti però non c’è stato un fermento culturale in tempi non sospetti così grande da aver dato vita al movimento. Abbiamo oggi degli artisti riconosciuti a livello internazionale e loro stessi paradossalmente talvolta se ne guardano dal dire di essere italiani e anzi cercano di accentuare questo fenomeno di esterofilia. Condivido con Eleonora: Osinachi (crypto artist nigeriano ndr) ha adesso organizzato una mostra con gli artisti africani ed è chiaro che c’è la volontà di spingere il suo territorio, ma questo rientra nella ricerca del singolo artista, nella sua peculiarità però oggettivamente penso che pochi abbiano fatto riferimenti tangibili al patrimonio dell’italiano a un concetto di valenza di comunità italiana – sono davvero pochi.

EB: C’è un posto nel mondo dove effettivamente fisicamente il movimento si è sviluppato di più e questo posto è New York però New York non è nemmeno un posto, è l’ombelico del mondo. Non è un caso che sia avvenuto a New York perché negli Stati Uniti sono avanti dal punto di vista tecnologico. Quindi effettivamente all’inizio sì, ci sono questi pionieri che si sono incontrati fisicamente a NY ma i valori stabiliti all’inizio erano già di internazionalità assoluta.

AC: In Italia abbiamo tanti professionisti, anche in ruoli chiave in piattaforme internazionali o come responsabili di curatela. Siamo felici e speriamo che l’Italia a prescindere prenda un ruolo anche se non è fondamentale. Abbiamo sicuramente un know-how di professionalità.

RP – Copertine d’artista. Per l’edizione digitale del libro “CRYPTO ART – Begins” chi comprava l’NFT riceveva una copia con la copertina realizzata da uno dei 50 Crypto Artist (un drop peraltro davvero incredibile!). La copertina d’autore è una pratica storica – pensiamo a Bruno Munari o Henry Matisse – ma è una novità comprare un libro e ricevere la cover d’artista come NFT. In pratica oltre al libro si comprava un’opera?

AC: É una procedura associata a The NFT Magazine, dove si è iniziato a celebrare appunto gli artisti sulle copertine quindi a valorizzare il collezionismo di cover d’artista. Un drop complesso con alte aspettative, l’attivazione di un nuovo modello di interazione phygital e di confronto con artisti e con la community. Se con The NFT Magazine abbiamo avuto tanti collezionisti che hanno sempre cercato il singolo artista, con il libro “CRYPTO ART – Begins” la visione è stata quella di celebrare gli artisti e la loro opera più rappresentativa, la cui scelta è stata curata in accordo con Eleonora, diventando emblema del loro percorso. Un’edizione speciale con 50 NFT associati a 50 cover d’artista che personalizzavano il singolo libro. Il modello era molto particolare perché si comprava senza poter selezionare l’artista di copertina, proprio per evitare di privilegiarne uno piuttosto che un altro. É stato un drop molto impattante ed emozionante, vissuto in un momento molto particolare del mercato, che ci ha permesso di sperimentare e ottenere risultati pur toccando con mano dinamiche e problematiche del collezionismo puro. É stato un lavoro innovativo, un esperimento fatto con Nifty Gateway, una delle piattaforme di vendita più importanti. 

EB: Le copertine sono state scelte tutte dagli artisti. Io non ne ho scelta nemmeno una, e la domanda era: “Se tu dovessi essere sulla copertina di un libro di Rizzoli, quale metteresti?” Una sfida per gli artisti e per me è stato molto curioso, perché ad esempio alcuni hanno scelto delle opere che non mi sarei mai aspettata. Secondo me era molto interessante come scelta curatoriale farle scegliere a loro. Qual è dunque l’opera che tu scegli e che ti rappresenta?

AC: Parlavamo prima di problematiche di interoperabilità tra digitale e stampato: un altro mondo! Hai file piccoli, altri che non vanno bene per la stampa ed ovviamente una grande rielaborazione grafica per stampare. Per la prima volta sono emerse diverse problematiche nella trasposizione di un file digitale sulla carta stampata. Sembra un lavoro scontato, ma ha voluto dire trovare la migliore soluzione per valorizzare l’opera d’arte. “CRYPTO ART – Begins” è un libro complesso, anche dal punto di vista iconografico, perché raccoglie oltre 300 immagini di opere d’arte.  Aggiungo l’ultima cosa interessante sul drop, un progetto nato in ottica Web3: tutti gli artisti sono presenti nello smart contract e hanno diritto a una revenue share, così come i collezionisti che hanno prestato l’opera. Questa innovazione che vede nello Smart Contract inclusi gli artisti, i collezionisti e ovviamente anche noi, è una grande innovazione anche di fair use dell’intero sistema economico del progetto. 

RP: si potrebbe fare un case Study su questo drop.

EB: Si, e aggiungo che si tratta di uno Smart Contract unico. Non sono stati creati 50 Smart contract, ma uno solo che lega noi, gli artisti e i collezionisti: questo significa che la vendita di una singola cover garantisce una revenue per tutti. Una tecnologia che ben si è legata ed è utilizzata al meglio per un progetto collettivo.

AC: Quindi equità per e tra tutti. Siamo molto contenti di quello che abbiamo fatto. Ma non è finita qua, abbiamo tanti drop, iniziative nel Metaverso e nel web3. Abbiamo già iniziato le presentazioni: prima alla fiera d’arte digitale CADAF di New York e poi al MEET Digital Culture Center di Milano che ha visto la partecipazione di oltre 800 persone in presenza e da remoto grazie alla live streaming fatta nel Metaverso di The Nemesis. Il libro è ora distribuito in Italia in tutte le librerie dal 15 Novembre, mentre negli Stati Uniti arriverà fisicamente a Settembre 2023. Anche lì ci saranno diversi eventi e creeremo un confronto. Il libro è un punto di partenza, di riflessione: questa è la visione.

CRYPTO ART BEGINS

RP – Quali i prossimi progetti?

AC: Ci sarà la nuova edizione di The NFT Magazine che parte da Gennaio 2023 completamente ridisegnato nella forma. Porteremo avanti la visione del phygital, concentrandoci sempre di più sull’artista in copertina, con una versione di monografia e un doppio drop. Inoltre ci saranno tanti benefit per gli Holder nei drop futuri. É stata fatta una call pubblica per artisti emergenti, ma anche per artisti che sono arrivati dopo e non godono ancora di una validazione e di una visibilità sul mercato. Si sono candidati a centinaia e abbiamo fatto due sezioni di votazioni, di cui una pubblica affinché la community decidesse, ricevendo oltre 60mila voti, mentre per l’altra c’erano gli holder del libro, gli artisti stessi e la community di The NFT Magazine, con un sistema che valorizzasse e desse nuove opportunità per questo secondo step di book-drop. Sono stati selezionati 100 artisti: ora chi compra l’edizione NFT del libro, riceve sul proprio wallet una cover di uno degli artisti selezionati. In questo senso la scelta rientra nella filosofia di espandere questo mondo e raccontare anche chi è arrivato magari dopo il boom, per dare visibilità ad artisti il cui talento viene riconosciuto dalla Community stessa. In ottica di crescita del progetto, questo fa parte dei Benefit e della nostra visione a lungo termine. Ciò di cui sono felice è che se il tempo ci darà ragione, il libro e il lavoro svolto, diventeranno una pietra miliare da collezione.

RP: Vi ringrazio di questa interessante intervista e degli approfondimenti che avete condiviso.

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NOTA: “CRYPTO ART – Begins” lo troviamo nelle librerie italiane dal 15 novembre 2022 ed è stato presentato a Bookcity Milano, lo scorso 19 novembre presso MEET Digital Culture Center.

Eleonora Brizi
Eleonora Brizi

Who’s Who: Eleonora Brizi

Eleonora Brizi è una digital e crypto art-curator, con sede precedentemente a New York, Roma e Pechino, che ora vive a tempo indeterminato nel Metaverso. Si laurea e si specializza in arte contemporanea cinese e successivamente inizia a New York un nuovo percorso dedicato all’arte e alla tecnologia, coniugando la conoscenza del mondo dell’arte con l’esigenza – dell’arte stessa – di parlare il linguaggio del tempo, dove l’attuale il dialogo è digitale e tecnico.
Prima di approdare nel mondo dell’arte e della tecnologia, Eleonora ha trascorso sei anni a Pechino, in Cina, dove ha lavorato per quattro anni come assistente dell’artista Ai Weiwei e due anni come rappresentante in Cina sotto il curatore Jerome Sans. Nel 2018 ha studiato la tecnologia blockchain e la sua applicazione all’arte a New York. Qui, dopo la sua carriera come art curator in Cina, è diventata molto attiva nella fiorente comunità “crypto-creative”, curando, promuovendo e partecipando a molti progetti pionieristici dedicati alla CryptoArt.
Sempre nel 2018, ha fondato Breezy Art, un brand di web3 art-curation e habitat per l’arte digitale e NFT. Breezy Art esiste come punto di contatto tra arte e tecnologia, indagando lo spirito del nostro tempo. Promuove l’arte digitale e la crypto art (NFT) attraverso la curatela e la creazione di contenuti. La curatela è il processo attraverso il quale l’arte trova voce e valore. Breezy garantisce che ogni progetto abbia la sua corretta curatela, ogni artista abbia la sua storia raccontata e ogni opera d’arte trovi il suo capitolo nel nostro universo narrativo.
www.breezyart.io

Andrea Concas
Andrea Concas ph Luigi Corda

Who’s Who: Andrea Concas

Andrea Concas è fondatore e CEO della startup dell’arte Art Backers, di Art Rights, piattaforma per la gestione e certificazione delle opere d’arte, e di ArtBackers.Agency agenzia di Marketing Culturale e Comunicazione dedicata al mondo dell’Arte 3.0. Ha dato vita alle gallerie d’arte The AB Gallery e fondato ProfessioneARTE.it, la prima community online per la formazione, aggiornamento e orientamento verso le professioni dell’arte. Ha ideato il primo “Libro ChatBOT” del mondo dell’arte con la collana “100 Domande 150 Risposte”, edita da Mondadori Electa, che grazie ad ArteConcasBOT, risponde alle domande sugli artisti, sulla loro vita, le opere e il mercato. È autore del libro “ProfessioneARTE – I protagonisti, le opportunità di investimento, le nuove sfide digitali”, la prima guida per chi dell’arte vuole fare la sua professione. Ha pubblicato a maggio 2020 “L’Arte Post Coronavirus. Strategie digitali per i professionisti dell’Arte” in formato eBook, edito da Edizioni Piemme, dove svela le migliori strategie digitali per la ripartenza, rivolte a galleristi, musei, artisti, collezionisti, curatori, case d’asta e professionisti dell’Arte e della Cultura. È coordinatore scientifico del Master in “Marketing e Digital Innovation per l’Arte e la Cultura” della 24ore Business School e docente in numerosi corsi e Master specialistici.

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