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Analisi dell’opera di Van Gogh: Autoritratto con cappello di paglia

Vincent Van Gogh, Autoritratto con cappello di paglia

Nel corso della sua vita, Van Gogh ha dipinto una quarantina di autoritratti, di cui oltre una ventina solo durante il biennio trascorso a Parigi. Autoritratto con cappello di paglia risale proprio a questo periodo, e lo dimostra con forza. Dipinto a olio su tela nel 1887, di modeste dimensioni (40.6 x 31.8 cm), il quadro si trova oggi al Metropolitan Museum of Art di New York (MET), che conserva numerose altre opere dell’artista europeo.

Innanzitutto, non si può parlare di Autoritratto con cappello di paglia senza parlare de La pelatrice di patate, dipinta sul rovescio del quadro. All’epoca, infatti, Van Gogh era talmente povero da non potersi comprare tele nuove, e così spesso dipingeva su quella già usate. Tra le due opere la differenza di stile, soggetto, colore e tecnica è abissale, eppure sono state realizzate a soli due anni di distanza. Nel 1885, infatti, Vincent Van Gogh si trovava ancora a Nuenen, nei Paesi Bassi, e si dedicava a una pittura sociale, che aveva come soggetti contadini e operai, personaggi umili, ritratti mentre compiono azioni quotidiane con un realismo che deforma in senso espressionistico fisionomie e ambienti. Prevalevano i colori scuri e l’influenza di Rembrandt, della tradizione olandese e soprattutto di Millet.

Vincent Van Gogh, La pelatrice di patate, Metropolitan Museum of Modern Art

Parigi, l’impressionismo e il puntinismo

L’anno successivo, Van Gogh si trasferisce a Parigi. È il suo secondo soggiorno nella capitale francese; il primo era stato breve e tormentato. Stavolta, invece, Van Gogh resta a Parigi per due anni, dove conosce gli impressionisti, il puntinismo di Seurat e Signac, l’uso arbitrario del colore di Gauguin, e la sua pittura ne viene rivoluzionata. La tavolozza di Van Gogh si schiarisce, ai toni cupi del periodo olandese subentrano i colori vivaci, impressi sulla tela con tocchi distinti e carichi. Tutto ciò è chiaramente visibile nell’Autoritratto con cappello di paglia, dipinto infatti nell’estate del 1887, dopo una primavera passata a lavorare con Paul Signac ad Asnières, sulle rive della Senna. Le pennellate sono nettamente visibili, e hanno dimensioni e direzioni differenti, conferendo movimento e profondità al dipinto. I colori sono luminosi e giocano sulla complementarità: i gialli e gli arancioni di viso, cappello e sfondo esaltano e vengono esaltati dal blu-lavanda del vestito.

Vincent Van Gogh, Autoritratto con cappello di paglia, dettaglio del volto, Metropolitan Museum of Modern Art

Van Gogh allo specchio: gli autoritratti

Che Vincent Van Gogh vivesse in ristrettezze economiche è un dato di fatto. Non aveva soldi per assumere delle modelle, e dipingere autoritratti era una soluzione al problema. Lui stesso scrisse al fratello Theo: “Ho comprato apposta uno specchio grande abbastanza per lavorare su me stesso, in assenza di modelli”. Ma non facciamoci ingannare: dipingere così tanti autoritratti è una scelta consapevole. Van Gogh aveva infatti piena coscienza della complessità del proprio animo, e trasporre sé stesso sulla tela lo aiutava a gestire e testimoniare i tormenti interiori che lo attanagliavano e scandivano la sua evoluzione artistica.

Vincent Van Gogh, Autoritratto con cappello di paglia, dettaglio del volto, Metropolitan Museum of Modern Art

Autoritratto con cappello di paglia, significato dell’opera

In Autoritratto con cappello di paglia, Van Gogh dipinge sé stesso al centro, a mezzo busto e di tre quarti. Gli occhi, profondi, concentrati, sembrano interrogare quelli dell’osservatore. Il naso lungo e adunco è in linea con il resto della fisionomia spigolosa. Sopra una camicia bianca, il pittore indossa il suo camice da lavoro. Non ci sono elementi nello sfondo che delineino un’ambientazione, ma il cappello di paglia ci suggerisce un esterno. La predominanza del colore giallo, molto amato da Van Gogh, trasmette la relativa positività che il pittore stava vivendo. Il 1887, infatti, fu un anno abbastanza favorevole per lui, segnato da esperienze e incontri, stimoli artistici e sentimentali, da un rapporto più stretto col fratello Theo e dall’esposizione che lui stesso organizzò per riunire tutti i suoi amici artisti. L’ottimismo, tuttavia, non durò molto, e il malessere interiore di Van Gogh sarà infatti testimoniato dagli autoritratti degli ultimi mesi di vita, più tormentati e cupi.

Vincent Van Gogh, Autoritratto con cappello di paglia, Metropolitan Museum of Modern Art

Biografia di Vincent Van Gogh

Figlio di un predicatore, Vincent Willem Van Gogh nasce in Olanda nel 1853. Ritiratosi presto dagli studi, che conduceva con scarso profitto, ottiene un lavoro impiegatizio alla casa d’aste Goupil, che lo fa viaggiare anche a Londra e Parigi. Sempre più preda di crisi spirituali, lascia il lavoro per dedicarsi agli studi teologici, fino a diventare pastore evangelico nella regione mineraria del Borinage, in Belgio. La sua sensibilità religiosa e sociale, unita alla necessità di comunicare il proprio contrasto interiore, lo porta, da autodidatta, a dedicarsi sempre più alla pittura, che diventa la sua attività esclusiva nel 1880.

Van Gogh, pittore autodidatta

Vive tra Bruxelles e L’Aia fino al trasferimento, nel 1884, a Nuenen, dove inizia a dipingere le prime scene di operai e contadini, che raggiungono l’apice l’anno successivo con I mangiatori di patate. Tra la fine del 1885 e il 1886 è ad Anversa, dove assimila l’influenza di Rubens, ma poi decide di trasferirsi a Parigi. Il biennio parigino è ricco di incontri e scoperte che imprimono una svolta alla sua arte, grazie alla conoscenza di impressionismo, puntinismo, stampe giapponesi e quanto di innovativo l’ambiente culturale della capitale può offrire. Nel 1888 si trasferisce in Provenza, dove spera e progetta di vivere felice e fondare una comunità di artisti a lui affini. Nell’attesa di essere raggiunto da Paul Gauguin dipinge per lui la serie dei Girasoli. Quando però l’amico arriva, i litigi tra i due si fanno sempre più frequenti e violenti, fino al 23 dicembre 1888, quando Van Gogh si amputa l’orecchio sinistro e viene ricoverato nell’ospedale di Arles.

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Il suicidio

L’8 maggio 1989, non riuscendo più a vivere da solo, Vincent Van Gogh decide di farsi internare volontariamente nell’ospedale psichiatrico di Saint-Paul-de-Mesole, a Saint-Rémy-de-Provence. Nello stesso anno partecipa al Salon des Indépendants e al Salon des XX. L’anno successivo si trasferisce in cerca di pace a Auvers-sur-Oise, dove, in poco più di due mesi, dipinge circa ottanta tele. Ma le sue crisi ritornano più forti, fino a quando, il 27 luglio, mentre si trova in un campo a dipingere, il pittore si spara un colpo di rivoltella nel petto. Dopo un’agonia durata due giorni, in cui fa però in tempo a rivedere e salutare il fratello Theo, Vincent Van Gogh muore nella notte del 29 luglio 1890, a 37 anni.

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