Lo scorso 30 ottobre, abbiamo avuto l’occasione di partecipare alla ReA! Art Fair alla Fabbrica del Vapore di Milano. In questa fiera dal sapore moderno e vibrante, abbiamo incontrato molti giovani artisti e potuto ammirare le loro opere. È stata letteralmente una ventata di novità e passione – per l’Arte, le nuove idee, i progetti creativi e tanto altro.
Dal digitale alla scultura – i nuovi artisti esplorano e creano: il risultato per lo spettatore è davvero coinvolgente. Abbiamo deciso di intervistare alcuni di questi talentuosi artisti per conoscerli meglio, per avere il loro punto di vista ed essere coinvolti nelle loro storie e percorsi professionali. Oggi vi invitiamo a conoscere un artista davvero interessante: Marco Abrate, in arte Rebor. Per introdurlo vogliamo usare una sua frase “Le mie opere raccontano il contemporaneo, come un film, una canzone, una poesia.” Rebor è un’artista che sa ben impiegare la sua creatività: è grado di realizzare opere d’arte che noi osservatori dovremmo fermarci ad osservare. Dietro le sue creazione c’è una provocazione intellettuale perché il suo “less is more” ci riconduce a quello che vale veramente – e “quel qualcosa” fuoriesce in queste opere con forza e positività.
L’Intervista a Rebor
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Cosa ti ha spinto ad intraprendere il tuo percorso di artista?
E’ nato da un’ esigenza, combattendo la dislessia. Il percorso scolastico era una prigione, un recinto da cui non poter scappare. Dovevo finire gli studi, la forza nacque nella sofferenza. Uscire dal proprio bozzolo era la sfida, quella di uscire fuori nello spazio, con coraggio e allo stesso tempo gentili. Quando si “molla” la definizione di che cosa si è, si cambia in chi si vorrebbe essere?
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Cos’è per te fare Arte oggi?
L’arte è emozione umana: dalle emozioni vengono i sentimenti, poi le nostre azioni. Tenere conto del tempo e del luogo: la quiete è provocazione profonda, un fuoco dentro nella calma di una foresta. Agisco senza agire: tutti si rincorrono ma nessuno guida. Molti individui cercano di diventare qualcuno spinti da un forte impulso egocenrtrico. Il risultato è ultreriore confusione, la persona rivela vari livelli di codardia e incompetenza. Se manca la gioia e la pratica quasi magica, ci si trova a vagare tra i muri della follia.
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L’arte è ricerca e sperimentazione?
Penso che l’arte sia educare e raffinare lo sguardo nella contemplazione e nella visione. La ricerca non finirà mai, qui stà la bellezza e la novità dell’arte fatte di disobbedienze riuscite. Studiare, conoscere le vie e le modalità relative a qualsiasi attività, saper discernere il successo dal fallimento, esercitare l’intuizione e la capacità di giudizio in ogni cosa, anche in quelle che non si vedono. Non sprecare in cose inutili.
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Quali sono i materiali che utilizzi per creare le tue opere? E quali vorresti sperimentare domani?
Cemento e intonaco usati pochissimo. Nel percorso “Pink” uso pezzi di recupero che si rivestono di rosa. Amo creare tutto con niente. Spesso si fa niente con tutto. Come il nostro tempo, saturo, frenetico ma vuoto. Oggi le persone pur avendo tutto si sentono perse. Chanel diceva che prima di uscire di casa si dovrebbe togliere il gioiello superfluo, così nell’arte, così con “less is more”. Quando gli attuali materiali non eserciteranno in me quell’emozione che sempre ricerco, approderò su altri spazi.
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L’Arte è un veicolo di messaggi? C’è un messaggio dietro le tue opere?
Walter Benjamin scriveva che l’arte vive nell’epoca della sua riproducibilità. Oggi parlerei anche di arte nella sua manipolabilità. Le mie opere raccontano il contemporaneo, come un film, una canzone, una poesia. Come la radio che spengo se non ho nulla da dire.
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Come hai vissuto il lockdown?
Il 21° secolo è iniziato con la pandemia e il 2020 è stato purtoppo il “miglior” show dell’anno. Se distruggeremo tutto non resterà che l’amore, il volerci bene. Penso che la pandemia ci abbia insegnato molto, aprendoci gli occhi perchè non c’è nulla di costante, tranne il mutamento. Penso che si è responsabili non solo per quello che si fa soprattutto per quello che non si fa.
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Quali sono i tuoi progetti futuri?
Mi aspetta una importante mostra personale a Milano, ho molti progetti in corso anche fuori Italia. Il segreto è sognare come se vivessi sempre e vivendo come morissi ogni giorno.
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Quali sono le tue riflessioni sul mercato dell’arte emergente oggi in Italia?
A volte vinci, a volte perdi e a volte nevica. Questo gioco è la più grande medicina!
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Quanto influisce il digitale nella tua creazione artistica o nella tua comunicazione come Artista?
I social sono molto utili oggi in un mondo “Onlife” in continuo mutamento: occorre saperli usare. E’ sbagliato ripetere la stessa tattica. La comunicazione oggi è indispensabile, l’arte è comunicazione. Studiare l’intelligenza artificiale mi permette di comprendere ancor più dove siamo e dove andiamo, nel bene e nel male creando nuove opere. Più si apprende, più si comprende quanto sia impossibile conoscere tutto, questo è il bello! Presto grandi novità.
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Ci racconti un’opera a cui sei particolarmente legato?
Non mi lego a nessuna opera, me ne curo come quando ci si innamora e si coglie un fiore, non strappandolo e poi lasciandolo seccare in un vaso, ma curandolo ogni giorno, fino a quando se ne va. Così la vita, l’amore e l’arte.
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Ci spieghi la tua visione – che ritroviamo nei tuoi lavori – della dimensione del tempo e dell’illusione della permanenza?
Nel discorso “Pink” creo delle opere che durano pochi secondi o poche settimane. Alla fine spariscono, vivono, abitano i media e i social. Non esistono più come oggetti fisici ma hanno vita propria. Così il discorso dei “muri”, figure nascoste che si frammentano, visibili alle persone che scoprono e costruiscono un immagine nuova.
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Il ritorno del tempo passato e l’evocazione di opere di grandi Maestri talvolta “emergono” nei tuoi lavori. Ci racconti la valenza di questa eredità che “fuoriesce” nelle tue opere?
Il passato è grande insegnamento per il presente. Spesso si agisce solo quando una bomba esplode comprendendo che la si poteva disinnescare prima. Il paragone immediato ad alcune opere passate è frutto di una grande divulgazione dell’immagine stessa: la pubblicità della Gioconda sulle saponette è immediata. La si riconosce ovunque. Così credo anche nei miei “muri”.
Biografia
Rebor (Marco Abrate) è nato a Savigliano (CN) nel 1996. Laureato a massimi voti all’Accademia Albertina di Torino, benché molto giovane, ha già proposto una ricerca estremamente personale. Nelle sue opere si evidenziano i tratti di un’originale evoluzione della street art, centrata sulla necessità di prendere posizione sulla situazione socio-politica, sulla comunicazione, sui modi di vivere e di pensare comuni. Ricorrendo a tecniche diverse, dalla pittura alla scultura, dall’installazione alla performance e di tutto quanto altro gli può essere utile, sottolinea il degrado e le defaillances del nostro tempo, ma al contempo pone questioni che attivano propositi positivi rispetto la vitalità creativa, ribadendo la necessità che essa ritorni ad essere spunto per scelte libere e consapevoli, spiraglio di uno sguardo sul domani carico di ottimismo. Vive a Pinerolo (TO) e lavora principalmente a Torino e Milano.