NotiziArte

L’Ucraina e il patrimonio artistico e culturale a rischio. L’intervista a Bohdan Stupak

Ucraina e patrimonio artistico

imballo opere Ucraina. Leopoli a pochi giorni dall inizio conflitto - Courtesy Bohdan Stupak

Leopoli, l’Ucraina e il patrimonio artistico e culturale a rischio

Tornare indietro di circa 80 anni: a quanto pare il 2022 rimarrà nella storia per la “scoperta” della macchina del tempo. Perché le immagini che costantemente trasmette ogni singolo emittente televisivo nazionale ci riportano al secolo breve, con carri armati che scorrazzano nei territori di uno stato sovrano. Pensate che dopo il trend topic #Covid19 connesso alla sciagurata pandemia, la dicitura che maggiormente appare sui motori di ricerca e all’interno dei social media è #WorldWarThird. Forse la differenza che salta più all’occhio rispetto al passato è la sequela di immagini ed informazioni che oltrepassa la rinata cortina, ad accezione dello stesso territorio russo, dove la libertà di stampa e la propaganda hanno un rapporto inversamente proporzionale. Tante, forse troppe notizie che si affastellano e mettono per certi versi in crisi l’utente medio che prima d’oggi aveva una conoscenza basilare di quei territori. Una situazione in cui anche io mi ritrovo ed è per questo che ho deciso di lasciare la parola a chi conosce davvero l’argomento. Come il giovane curatore Bohdan Stupak, cittadino ucraino recentemente laureato in Scienze dei Beni Culturali a Milano, con all’attivo numerosi ed interessanti progetti artistici sviluppati nel capoluogo meneghino. Grazie alla sua preziosa testimonianza approfondiremo la situazione partendo da una breve analisi storica e geopolitica per poi focalizzarci sull’aspetto culturale. Buona lettura!

Ritratto Bohdan Stupak – Courtesy Bohdan Stupak

L’intervista a Bohdan Stupak

E.R. Bohdan, puoi raccontarci il tuo percorso?

B.S. Sono nato a Stryj, nella regione di Leopoli (n.d.r. una tra le prime città prese di mira dall’esercito di Mosca) e a nove anni ho raggiunto mia madre a Bologna, dove ho frequentato un istituto professionale, ma ben presto ho sviluppato una forte passione per l’arte. Terminati gli studi mi sono trasferito a Milano ed ho iniziato a scrivere per il magazine ZERO e per il giornale “Avanti” dove curavo una rubrica dedicata alla città di Bologna. Ho poi seguito un progetto editoriale per la casa editrice “Contemplazioni” e collaborato con il critico Marco Vallora nell’organizzazione di diverse mostre. In ultimo mi è stata affidata la curatela dello spazio espositivo di Olimpia Rospigliosi. Qui porto avanti una ricerca focalizzata sugli artisti italiani figurativi, in linea con la nostra tipologia di pubblico e con il mio sentito, che ha dato luogo a svariate esposizioni ed al progetto “#quadridamarciapiede”, da un’idea di Olimpia Rospigliosi.

E.R. Entriamo nel vivo dell’argomento. L’Ucraina ha ottenuto l’indipendenza dall’URSS nel 1991…

B.S. Esattamente, per essere precisi il 24 agosto, giorno considerato festivo per la mia nazione.

E.R. Se mi posso permettere ritengo che uno degli elementi che ha colpito maggiormente il grande pubblico sia la strenua resistenza che la popolazione ucraina sta portando avanti. Inizialmente, considerata la disponibilità di uomini e armamenti del governo di Mosca, si pensava ad un intervento lampo. In realtà l’esercito russo sta incappando in numerose difficoltà, con conseguente allungamento dei tempi dell’operazione e protrarsi del massacro.

B.S. Ritengo che il Presidente Vladimir Putin abbia, per certi versi, sottovalutato la situazione. Innanzitutto siamo una nazione geograficamente estesa. Inoltre, dal momento dell’ottenimento dell’indipendenza, è stato messo in atto un vero e proprio processo di riscoperta della nostra cultura, della lingua, dei nostri intellettuali e creativi che sotto lo stalinismo erano stati duramente messi a tacere. Io provengo dalla regione di Leopoli che è una vera e propria roccaforte della cultura ucraina. Gli ucraini sono ben consci che sarà un massacro: nonostante gli aiuti internazionali, dal punto di vista bellico, sarà difficilissimo rivaleggiare con l’esercito russo. Il popolo è comunque disposto a morire per la propria libertà.

Il centro storico di Leopoli

E.R. Addirittura alcune persone, attualmente impiegate in Italia, hanno scelto volontariamente di tornare in patria per andare al fronte

B.S. Esatto e moltissime sono anche le donne. Mi riferisco alla grande emigrazione verso l’Italia degli inizi degli Anni Duemila, quando si arrivava nel Bel Paese per cercare impiego nei settori dei servizi alla persona. Non perché ci fosse un basso livello di istruzione nella nazione d’origine, bensì per una difficoltà nel far validare in Italia titoli di studio esteri. Oggigiorno moltissimi miei conoscenti intraprendono, invece, scambi di studio o lavoro che legano le due nazioni. Mia madre è molto fortunata: sia io che mia sorella viviamo in Italia. Moltissime altre madri hanno figli in Ucraina dai 18 anni in su che non possono lasciare il paese (n.d.r. il servizio di leva è obbligatorio) e scelgono così di tornare nel Paese per assisterli o perlomeno per salutarli prima che vadano al fronte. D’altronde si sa bene cosa possa succedere ad un civile non preparato quando lo si chiama in prima linea. Altre persone sono andate a fare volontariato o hanno affittato dei mezzi di trasporto e fanno la spola dai confini per permettere a più individui possibile di lasciare il teatro del conflitto.

E.R. In realtà la situazione risulta incandescente già da parecchi anni, o sbaglio?

B.S. Corretto. Dal 2014 circa. In primis pensiamo all’annessione della Crimea, effettuata senza rispettare il consueto iter burocratico. In seconda battuta guardiamo alla regione del Donbass, molto vicina ai confini con la Russia, territorio ricco di materie prime ed impianti produttivi, dove si trovavo città quali Donetsk e Luhans’k. Lì, effettivamente, ci sono sempre state delle minoranze filorusse: nessuno si  aspettava un’operazione da parte di Mosca che si estendesse su tutto il territorio ucraino. Anche a città quali Charkiv, la seconda più grande di tutta la nazione dopo Kiev.

E.R. Prima di passare al focus sul patrimonio artistico culturale, possiamo definirla per certi versi una guerra fratricida?

B.S. Il popolo russo ci ha sempre chiamato “fratelli”, visto che l’Ucraina era uno stato vassallo dell’URSS e rispondeva a Mosca. Noi ucraini, in verità, abbiamo interpretato questa affermazione un po’ come una scusa per varie espansioni territoriali ed azioni turpi. Non dimentichiamoci l’Holomodor: il genocidio per fame di migliaia di ucraini attuato da Stalin tra l’autunno del 1932 e la primavera del 1933. 

Imballo di opere d’Arte in Ucraina: Leopoli a pochi giorni dall’inizio conflitto  – Courtesy Bohdan Stupak

E.R. Spostando il nostro discorso al patrimonio artistico culturale, quali sono i principali musei, monumenti, siti a rischio? L’Ucraina annovera ben sette Patrimoni dell’umanità UNESCO, tra i quali anche la Cattedrale di Santa Sofia a Kiev e l’intero centro storico di Leopoli

B.S. Come hai giustamente riportato, vista la sua estensione territoriale, l’Ucraina vanta molti Patrimoni dell’umanità, tra cui anche uno naturale: le cosiddette “antiche faggete primordiali dei Carpazi”. Appena si lascia l’Ungheria ci si immerge nei meravigliosi paesaggi di queste montagne stupende. E poi appunto Leopoli. Noi la chiamiamo Lviv, detta anche Lemberg in quanto passata, nel corso della sua storia, sotto varie entità statali: il Regno di Polonia, la Confederazione polacco- lituana, Impero austriaco e poi austro-ungarico. Posso proprio prenderla ad esempio: ha un centro storico conservato benissimo che non richiama per nulla la classica architettura sovietica. L’impronta è, in parte, rinascimentale e soprattutto barocca e tardo-barocca. Negli ultimi anni, dal punto di vista turistico, era stata definita la nuova “Praga”, vista l’affluenza di visitatori e la bellezza architettonica dei suoi edifici. Oltretutto numerosi voli di compagnie low cost permettevano di raggiungerla a prezzi contenuti. Una vera “perla” ucraina. Proprio a Leopoli ha sede il Museo delle Sculture di Johann Georg Pinsel: una sorta di Michelangelo nostrano dell’epoca tardo barocca. Un artista che lavorava soprattutto il legno ed attivo tra le attuali Polonia e Ucraina. Un vanto per la città. Pensa che alcune sue opere sono state esposte a Milano, presso Fondazione Prada, all’interno della mostra “Sanguine. Luc Tuymans on Baroque”, tenutasi nell’inverno 2018/2019.

E.R. Ovviamente non possiamo prevedere quale sarà il futuro di questi capolavori, vista oltretutto un’azione così repentina da parte del governo russo. Mi confermi che la stessa popolazione ucraina non si aspettava un intervento di tale portata? Dunque, anche i conservatori delle istituzioni non avranno avuto il tempo materiale per mettere in sicurezza tutte le opere…

B.S. Te lo confermo. C’era sì una grande tensione, ma nessuno si aspettava ciò che poi è avvenuto. Prima del 24 febbraio scorso avevo sentito dei miei conoscenti che attualmente risiedono in Ucraina, i quali mi avevano confermato che le trattative governative non stavano portando a grandi risultati, ma tutto sommato erano tranquilli. Nell’ultimo periodo lo stato di allerta era altresì “di casa”. Nessuno però presagiva ciò che poi è accaduto. Ad esempio, alcuni miei conoscenti di Kiev avrebbero potuto benissimo venire in Italia, ma non si erano nemmeno posti il problema di dover fuggire per evitare un potenziale bombardamento della capitale. Più che altro ci si aspettava un’azione limitata ai territori del Donbass: di certo non una vera e propria guerra che, di fatto, sta tenendo tutto il mondo con il fiato sospeso.

E.R. Dunque, oltre alla crisi umanitaria di proporzioni immani, potremmo aspettarci gravi danni al patrimonio artistico culturale nazionale?

B.S. Sicuramente. Negli ultimi anni il Ministero della Cultura ed il governo, nel suo insieme, si è adoperato tantissimo a sostegno della nostra cultura, non solo sul territorio nazionale. Ad esempio, l’attuale first lady, Olena Volodymyrivna Zelenska, aveva promosso accordi con varie istituzioni europee al fine di incrementare, all’interno delle esposizioni permanenti, materiale informativo in lingua ucraina, visto l’aumento dei turisti nazionali negli stati dell’Unione. Purtroppo, i musei ucraini non godevano di tante risorse economiche: scarseggiavano soprattutto gli investimenti privati. Dunque, vista l’escalation, temo davvero che non ci sia stato il tempo materiale per imballare a dovere le opere.

Johann Pinzel Museum, Leopoli

E.R. Con l’apertura del conflitto il mondo della cultura globale si è giustamente compattato nel condannare le azioni moscovite. Non ultimo alcune figure di intellettuali russi hanno rassegnato le proprie dimissioni in segno di protesta verso il governo, per quanto si debba ammettere che la libertà d’espressione non sia ben vista in patria. Ci sono poi stati vari episodi, ad esempio in Italia, di cancellazione e successiva rettifica della medesima, di attività culturali in qualche modo connesse al mondo russo. Tu come vedi queste prese di posizione?

B.S. La cultura è salvezza. Sto vedendo tante istituzioni cancellare eventi attinenti alla sfera culturale della “controparte”, ma non ritengo sia giusto. Stiamo appunto parlando di cultura! Se poi un singolo intellettuale non prende posizione ovviamente dispiace, ma bisogna anche considerare le possibili motivazioni alla base di un eventuale silenzio. Diverso sarebbe il caso di chi si schiarasse apertamente a favore delle azioni decise dal Presidente Vladimir Putin. Inoltre, dobbiamo considerare il ruolo giocato dalla propaganda e dal boicottaggio in territorio russo dei mezzi di informazione super partes, soprattutto per quanto riguarda il grande pubblico. Non possiamo aspettarci che le persone condannino in massa, da un giorno all’altro, chi li sta governando da più di venti anni. Bisogna poi fare un distinguo: la Russia ha un territorio immenso. C’è chi ha la possibilità di viaggiare, di studiare all’estero, di venire a contatto con altre realtà e chi non ha gli stessi mezzi e magari trascorre la sua intera esistenza in paesi pressoché isolati.

E.R. Effettivamente sembrerebbe che in alcune scuole primarie russe sia circolato addirittura un cartone animato per illustrare e giustificare agli alunni le mosse intraprese dal loro Presidente…

B.S. Stiamo parlando comunque di un politico che ha represso duramente la libertà di espressione: giornalisti messi a tacere, oppositori avvelenati. Purtroppo, non dobbiamo stupirci se ci sono persone che credono che l’intervento armato sia stato messo in piedi per “liberarci”. Gli unici due giornali russi da sempre non a favore dell’attuale compagine politica hanno addirittura la sede al di fuori dei confini nazionali, precisamente in Lettonia. In questi giorni, visto che conosco il cirillico, ho provato a leggere Sputnik (n.d.r. agenzia di stampa, sito di notizie ed emittente radiofonica russa governativa): le notizie riportate sono più che lontane dalla realtà dei fatti. In breve, ci terrai anche a spiegare come mai Vladimir Putin ha dichiarato più volte di voler “liberare gli ucraini dai nazisti”. Durante il secondo conflitto mondiale, quando l’Ucraina era uno stato vassallo dell’URSS, Stepan Andrijovič Bandera, (n.d.r. politico ucraino, leader dell’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) e fondatore dell’Esercito Insurrezionale Ucraino) si schierò apertamente con i nazisti, per ottenere  la libertà dall’URSS pur sapendo di fare patti con un altro nemico. Oltretutto Leopoli è stata uno degli avamposti tedeschi sul nostro territorio.

E.R. Venendo al discorso del sostegno concreto alla popolazione ucraina, puoi consigliarci alcuni dei canali che i nostri lettori possono utilizzare?

B.S. Volentieri. Io stesso sono in “prima linea”: ho raccolto medicinali che poi sono stati portati da alcuni volontari direttamente in Ucraina, anche se più il tempo passa più questi viaggi diventano difficili da attuare. Soprattutto è importante che l’attenzione verso le condizioni della popolazione non scemi nel lungo periodo. Per quanto riguarda la città di Milano ci si può rivolgere a varie parrocchie ortodosso-ucraine, al consolato o alla Croce Rossa, uno dei pochi enti in grado di operare liberamente in territori di guerra. Inoltre, la Banca centrale ucraina ha aperto un conto su cui si possono versare delle donazioni. Anche in altre città italiane, ad esempio Bologna, esistono punti di raccolta.

#quadridamarciapiede Samantha Torrisi, A un passo di azzurro I – Olio su tela – 100×100, 2019 – Courtesy Bohdan Stupak

E.R. Vorrei concludere questo scambio lanciando un messaggio di positività: lavori da anni a Milano e tra i molti progetti che hai seguito spicca l’innovativo concept intitolato “#quadridamarciapiede”, da un’idea di Olimpia Rospigliosi. Ce ne parli?

B.S. Con piacere. “#quadridamarciapiede” è nato in un periodo di mancata possibilità di contatto diretto con le opere. Per questo abbiamo immaginato che i passanti potessero godere della bellezza dell’arte durante lo svolgimento delle faccende quotidiane, come ad esempio portare a passaggio il cane. Un’opera d’arte posta in una vetrina sita in Via Gorani n.8a, nel cosiddetto distretto milanese “Cinque Vie” vicino ai resti della Mediolanum romana. Una parte stupenda della città, molto interessante dal punto di vista storico artistico, ma forse un po’ meno conosciuta dai turisti. La prima edizione si è tenuta a cavallo tra il 2020 ed il 2021 ed ha visto protagonisti 10 artisti (Lorenzo Tonda, Leo Ragno, Luca Zarattini, Riccardo Paternò Castello, Salvatore Alessi, Lorenzo Puglisi, Arianna Matta, Gabriele Grassi, Gianmarco Capraro, Maurizio L’Altrella). Ogni opera è stata esposta per 11 giorni all’interno di questa vetrina su strada, visibile dunque h24, dopodiché tutti i creativi sono stati riuniti in una mostra collettiva. Visto il grande successo da parte di pubblico e critica riscontrato, abbiamo deciso di mettere in campo la seconda edizione di “Quadri da Marciapiede”, che si svolgerà dal 7 marzo al 24 giugno 2022. Sempre dieci artisti, alcuni presenti già lo scorso anno, altri nuovi. Inoltre, abbiamo introdotto alcune novità: innanzitutto la facciata dello stabile è stata interamente messa a nuovo, abbiamo aggiunto ulteriori luci e una struttura interna per posizionare le opere. Visto l’allentarsi della morsa pandemica, riusciremo a coinvolgere maggiormente la cittadinanza e a suggellare delle partnership con i commercianti dei paraggi. La prima artista ad esporre, lunedì 7 marzo, sarà Samantha Torrisi, un’artista sicula che si dedicata soprattutto ai paesaggi, andando al di là dell’immagine comune che il grande pubblico potrebbe avere dell’isola, ed al rapporto complesso tra  uomo-natura. Il suo utilizzo delle luci denota forti rimandi anche alla storia dell’arte, ad esempio ad Hopper o agli scenari di Luigi Ghirri. Il filone curatoriale che seguiremo sarà sempre quello del figurativo italiano. A conclusione del progetto verrà organizzata una mostra collettiva all’interno di Palazzo Borromeo con stampa del catalogo. I feedback che abbiamo ricevuto in merito alla prima edizione sono stati estremamente positivi: trattandosi di arte esposta “in vetrina” anche la scelta di puntare sul figurativo ha permesso al pubblico di riconoscersi maggiormente. È stata anche premiata l’idea di puntare su artisti italiani: questo mi ha permesso di interagire molto con loro, andare a trovarli in studio. Infine, la stampa ci ha dedicato numerosi articoli.

Exit mobile version