Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare uno straordinario fotografo: Angelo Tondini. Attraverso i suoi scatti, Angelo Tondini ci conduce in un mondo d’immagini – tra bellezza, sorpresa, emozione, colori e geometrie. Angelo Tondini ha girato il mondo e visitato 169 paesi e ha saputo cogliere “il momento”, fotografando luoghi meravigliosi, uomini e donne (e animali) nella loro quotidianità. Le sue fotografie sono una poesia d’immagini che raccontano una tradizione, una cultura, un luogo o un’atmosfera sospesa nel tempo. Dopo aver viaggiato, fotografato, lavorato come reporter – oggi Angelo Tondini scrive libri, tiene corsi di Fotografia – ed ovviamente continua a lavorare con la sua fedele macchina fotografica. Eccovi la nostra intervista.
INTERVISTA AD ANGELO TONDINI
Da dove nasce la tua passione per la fotografia e per la scrittura?
La fotografia è una mia passione spontanea, dall’età di 12 anni. Mio padre la assecondò, regalandomi una buona macchina e un flash professionale. Ma volle anche che andassi a imparare da un esperto. Ho iniziato a scrivere poesie e racconti a 19 anni. E’ un vizio di famiglia: mio padre scriveva poesie in dialetto e una zia pubblicava le sue storie sul Corriere dei Piccoli. Sarà un caso: mia sorella ha sposato uno scrittore.
Come ti sei avvicinato al mondo della fotografia e dell’editoria?
Ho iniziato a fotografare in bianco e nero, sviluppando e stampando da solo. Ho avuto un break dai 20 ai 30 anni. Poi ho ripreso con il colore, diapositive. Nel 1974 feci un viaggio a Bangkok, Singapore e Bali. Riuscii a vendere 3 servizi con testo e foto. Già scrivevo di arte, moda e cultura su Harper’s Bazaar e Cosmopolitan : intervistai tutti gli stilisti italiani e molti artisti. Ma il reportage di viaggio era una novità e cominciai a girare il mondo. Un’esperienza fantastica : mi pagavano per viaggiare! Poi nacquero diverse riviste di turismo e io fui sempre il primo collaboratore. In 45 anni ho visitato 170 Paesi in circa 350 viaggi. Mi sono fermato nel 2017 per motivi di salute. Ma ormai il gioco era fatto.
In viaggio per 40 anni. Hai viaggiato in tutto il mondo: 169 Paesi, più di 300 viaggi, Italia esclusa. Qual é stato il tuo viaggio del cuore?
Difficile dirlo. Forse il mio primo viaggio nell’India del Sud, nel 1978. Scoprii che era diversa da come l’avevo immaginata. Era una dimensione dello spirito e non una nazione. Non volevo più tornare. Una mia amica esperta di reincarnazione è certa che io sia nato lì in una mia vita precedente. Se mi dicessero: hai sei mesi di vita, andrei a morire in India.
Quale paese ti piacerebbe visitare – o rivedere – domani?
I Paesi che non sono riuscito a conoscere : Mozambico, Bolivia, Cile. Purtroppo non credo che potrò visitarli. Ritornerei volentieri in Mongolia, anche se ci sono stato due volte. E’ un Paese pieno di spazio vuoto. Un meraviglioso ossimoro.
Sei stato allievo di Art Kane, un grande Maestro della fotografia del Novecento. Quale suo insegnamento ti è servito di più nella tua carriera?
Art Kane ha segnato una svolta nella mia vita di fotografo. Da lui ho imparato a vedere e sentire il ritmo e le geometrie di un’inquadratura. Era un artista impagabile, con una fantasia unica. Gli devo molto.
Nel 1988 sei stato il primo uomo occidentale a raggiungere le sorgenti del Fiume Giallo in Cina: che ricordo conservi di questa incredibile avventura?
Ricordo la fatica enorme, camminando per chilometri al giorno a 4500 metri di quota; le notti in tenda, anche con la pioggia; un altopiano desolato pieno di acquitrini. Siamo partiti in 26, siamo arrivati in 12 ! Io poi non amo la montagna, ma mi piacciono le sfide. Una volta ho perso il gruppo nella nebbia e mi sono sentito perso. Li ho ritrovati dopo due ore di angoscia. Per fortuna ho dei nervi saldissimi in ogni occasione difficile: crollo il giorno dopo, quando ci ripenso.
Sei nato con la reflex e oggi ci ritroviamo in un mondo digitale. Parlando di fotografia quali sono le tre cose che più sono cambiate?
No, non sono nato con una reflex, ma con una macchina a mirino galileiano, dove non sapevi esattamente l’inquadratura reale. La prima reflex l’ho comprata dopo i trent’anni. La macchina digitale (ne ho una, ma non la uso molto: è troppo veloce e io ho un cervello lento) è stata un cambiamento notevole, ma ha dei difetti: si scatta senza pensare, tanto non c’è pellicola da pagare; si pensa troppo alla tecnica, che è solo il 20% della fotografia; non si resiste alla voglia di vedere subito il risultato, perdendo minuti, mentre ti sta passando davanti una foto straordinaria. Ha indubbiamente dei vantaggi, soprattutto nella velocità e in condizione di luce difficile. Nei costi non direi, perché se una foto non la stampi sicuramente prima o poi andrà perduta.Credo però che la vera rivoluzione sia stata Photoshop. E’ il raggiungimento dell’onnipotenza nell’estetica: puoi stravolgere un’immagine a tuo piacimento, addirittura crearla senza fare la foto. Molti eccedono, ma si vede. E’ come una donna che si fa sedurre dalla chirurgia estetica: appare più bella, ma si nota.
I tuoi corsi di fotografia (a Milano) hanno avuto un grande successo: tra tecnica e creatività. Una full immersion per imparare o per migliorare?
Sì sono molto soddisfatto dei miei 2000 e più allievi in 25 anni. Ho ideato un metodo per imparare in due giorni, un misto di strutturalismo e Gestalt. Funziona. Parlo poco di tecnica, molto di composizione. Non credo nei corsi lunghi, due ore alla settimana per 6 mesi: inutili. Quando hai le basi per scegliere il soggetto e una buona inquadratura, il resto sta nella fantasia e nell’attitudine personale, a volte innata.
Quanto è importante avere una buona macchina fotografica oggi per fare delle belle foto?
Avere una macchina costosa non è necessario. Può bastare anche un cellulare. Consiglio per iniziare una bridge da 300 euro e in seguito una camera con obiettivo intercambiabile: ne bastano due. L’importante non è la macchina: una bella foto nasce nel cervello.
Qual è l’errore più comune in una fotografia?
Tentare di rappresentare tutto quello che hai davanti. Impossibile. Bisogna sezionare con cura la realtà e sceglierne una parte.
Quante fotografie hai realizzato nella tua vita?
Credo circa un milione, in grandissima maggioranza a colori. Credo che in bianco e nero sia più facile fare una buona foto. Non sono solo io a pensarla così. La realtà ci appare a colori, ma spesso non è proprio bella. Sta al fotografo trovare luce e inquadratura per nobilitarla. Il bianco e nero sottrae, un’operazione che rafforza molto l’immagine, mostrando solo l’essenziale. Ma io amo le sfide, così ho scelto il colore.
La fotografia ferma l’immagine: ci regali la storia di un tuo scatto d’autore?
La foto di un leopardo di notte nel Parco Tsavo in Kenya. Stavo mangiando nel ristorante dell’unico hotel, quando lui è apparso in mezzo ai rami secchi di un albero di fronte, illuminato fiocamente. C’era una bistecca lì sopra e quel giorno lui evidentemente non aveva cacciato. Sono corso in camera, ho preso il treppiede, una macchina e il teleobiettivo più lungo, un 300 mm. Ho cominciato a montarlo, ma ero troppo emozionato, mi cadeva, mi scivolava tutto. Avevo paura che il leopardo se ne andasse. Finalmente l’ho inquadrato: sublime. Ma avevo una pellicola a 400 Asa, poco sensibile per una luca così debole. L’esposimetro mi dava 1 secondo, diaframma 4,5, tutto aperto, Significava che ogni minimo movimento sarebbe stato registrato. Insomma una foto mossa. Ho scattato tutte le 36 immagini del film : solo 2 sono venute con il leopardo fermo, sufficienti. Poi, in preda a una specie di esaltazione, ho messo un rullo nuovo, ho montato il flash e sono andato fuori verso il leopardo che era sceso dai rami. Mi sono avvicinato e a tre metri di distanza ho scattato un paio di volte. Dall’hotel sentivo delle urla, ma non capivo perché mi disturbassero. Ricordo ancora l’espressione attonita del leopardo che avrà pensato: questo è proprio matto! Poi ho realizzato in un attimo che ero di fronte a un potente felino completamente indifeso! Ho resistito alla tentazione di scappare velocemente, perché sapevo che in questi casi è meglio arretrare lentamente, senza guardare l’animale. Così ho fatto, sudando freddo. Meno male che aveva mangiato la bistecca, altrimenti non sarei qui a scrivere.
Su quali progetti stai lavorando adesso?
In ottobre ho fatto una mostra a Milano, L’Essenziale, che ha avuto successo. Dovevo portarla ad Arezzo a dicembre, ma il Covid non me lo ha permesso. Sto cercando una galleria a Lugano o a Zurigo. Adesso scrivo molto : ho tre libri pronti e altri quattro in progetto. Spero soltanto di avere il tempo necessario. A 78 anni ogni giorno è una conquista, ma io non mi arrendo.
Per maggiori informazioni e per iscriversi ai corsi di Fotografia di Angelo Tondini: https://www.angelotondini.it