La prima grande mostra veneziana dedicata a Italico Brass e alla sua visione della città: l’artista che tra Otto e Novecento apre alla modernità e alle suggestioni della pittura impressionista, per raccontare una Venezia inedita, viva, pulsante, popolare.
Venezia, Palazzo Loredan-Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti
29 settembre-22 dicembre 2023
L’eccezionale riscoperta, dopo quasi sessant’anni d’inesplicabile silenzio, di un acclamato protagonista del panorama artistico internazionale nei primi decenni del Novecento e nella fascinosa Venezia del tempo; soprattutto la rivelazione di una pittura in piena sintonia con una società in profondo e talvolta tumultuoso rinnovamento. Italico Brass (Gorizia 1870–Venezia 1943) chiude un’epoca e ne apre un’altra, assolutamente inedita, condividendo gli stimoli e la poetica degli impressionisti e facendo della città lagunare la sua città d’elezione e il soggetto prediletto. Tra regate, campielli animati di gente, ponti di barche montati di anno in anno, “campassi erbosi” e calli, con i suoi dipinti Brass ci accompagna – nelle sale dell’esposizone e in catalogo – in una passeggiata sorprendente nella sua Venezia “con l’occhio e il gusto di un uomo d’arte capace di innumerevoli ‘variazioni sul tema’, per una lettura sempre mutevole e inedita grazie al suo magico utilizzo dei colori, della luce, dell’acqua e dei cieli, di cui è scrutatore inesausto e geniale”.
Proprio al grande “poema pittorico”che Brass, nel corso degli anni, realizza intorno a Venezia è dedicata la mostra curata da Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin. Promossa dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia e dall’editore lineadacqua, straordinariamente esporrà – dal 29 settembre al 12 dicembre 2023 a Palazzo Loredan in Campo Santo Stefano – un centinaio di opere, di cui molte inedite e finalmente visibili, parte del lascito dell’artista alla famiglia. Un percorso tra brani di una Venezia quasi “minore”, certamente non monumentale, ma mai banale e stereotipata. Una Venezia che Brass coglie tra feste, riti ed eventi; città di popolo, senza distinzioni di classi, fatta di apparizioni della folla e situazioni còlte nell’attimo in cui si formano, sempre en plein air, con l’energia e la vitalità di mille variazioni atmosferiche. Un’emozionante Venezia ancora dei veneziani, tratteggiata con gioia e partecipazione, in un dialogo fatto di luci e colori vibranti che appare unico.
Certamente nella maturazione della personalità artistica di Brass – che Elio Zorzi, in occasione della retrospettiva dedicatagli nella Biennale del ’48 (la stessa che vide esposti anche gli Impressionisti e la collezione Guggenheim) definì “un fenomeno particolare, un caso isolato” per il suo tempo – appaiono fondamentali gli anni della formazione: prima all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera e poi a Parigi, dove il giovane Italico risiedette per circa sette anni frequentando accademie e integrandosi nei circoli variegati del mondo impressionista. È dunque nelle differenti anime dell’Impressionismo – ma anche nelle derivazioni del secondo Impressionismo e dell’immediato Post-impressionismo – che vanno ricercati influssi e riflessioni che matureranno variamente nella sensibilità di Italico il quale, pur non abbandonando completamente certe durezze della pittura austro-tedesca e nordica, “manifesta una sua personalissima adesione allo spirito, all’atmosfera e ai principi pittorici condivisi dai grandi protagonisti di quel movimento”.
Brass appare dunque sulla scena chioggiotta e veneziana nel 1895, di ritorno da Parigi, e si impne subito come un protagonista. Presente alla Biennale fin dalla sua prima edizione, la sua sarà una partecipazione costante e molto apprezzata, tanto da meritargli quella qualifica di “Pittore di Venezia” che già a Parigi lo aveva contraddistinto. Chioggia e Burano furono le mete delle sue prime incursioni veneziane. Chioggia in quegli anni trasmetteva il fascino della laguna richiamando pittori italiani e stranieri e qui si ritrovava il fior fiore dell’arte veneziana: Luigi Nono, Ettore Tito e il friulano Umberto Veruda e Pieretto Bianco, Mosè Bianchi, Emilio Gola e Pietro Fragiacomo. Fin dalla sua prima personale alla Biennale del 1910 – quella che segna l’apertura alle correnti più innovative e fertili dell’arte europea – il successo e l’affermazione del pittore sono definitivi. Ad essa seguiranno mostre collettive e ricche personali in molti paesi, di qua e di là dell’Atlantico, e soprattutto esposizioni nei paesi nordici.
Se la vita porterà Brass in giro per il mondo – anche come “reporter” di guerra – Venezia sarà il vero punto di arrivo e il suo irrinunciabile orizzonte. A Venezia egli deciderà di lavorare e vivere nell’abitazione di San Trovaso, con la moglie russa Lina Rebecca Vigdoff, incontrata a Parigi e allora studentessa di medicina. A Venezia, dove frequenterà gli ambienti e le persone che contano – grandi imprenditori, intellettuali, gerarchi e artisti – sarà impegnato in iniziative culturali importanti, inserito nei comitati scientifici di celebri mostre d’arte curate negli anni Trenta dall’amico Nino Barbantini (su Tintoretto, Tiziano e Veronese) o coinvolto in iniziative di arredo e scenografia del Canal Grande in occasione delle più importanti festività.
Sempre a Venezia acquisterà e s’impegnerà nel lungo restauro della diroccata e semi abbandonata Abbazia Vecchia della Misericordia, che diventerà sede del suo atelier e della sua celebre collezione d’arte antica (a lui, che fu anche mercante d’arte, si devono tra l’altro la riscoperta di artisti come Magnasco in collaborazione con Benno Geiger e la valorizzazione di autori come Arcimboldo e Pordenone), oltre che il fascinoso e ascetico luogo d’incontro di artisti, giornalisti, intellettuali e maggiorenti. La città lagunare: luogo di vita dunque e d’ispirazione.
Nei suoi dipinti l’artista guarda a Venezia senza precostituite gerarchie: “il caffè Florian a piazza San Marco – scrivono Romanelli e Vatin – ha la stessa dignità delle famiglie popolari e dei loro pique-nique al Lido; la processione a san Trovaso e la partita di calcio a sant’Elena; gli scaricatori di sale alle Zattere e i burattinai a san Barnaba. Evidente è l’interesse per certe aree periferiche della città come nella Venezia del Baron Corvo, gli interramenti delle barene e le aree verdi di una città che cresce e si espande diventano soggetti amati e riproposti. Per non parlare dei gruppi di impiraperle sedute a chiacchierare nel campiello di corte Colonna che destano la medesima attenzione della processione in pompa magna delle autorità ecclesiastiche verso il Redentore. Brass è cronista accurato, divertito e partecipe di ogni aspetto della vita quotidiana […] è sempre là con i suoi fogli le sue tavolette per appuntare un volto, un gesto una smorfia; oppure confuso tra la folla che assiste alle regate, rileva lo sforzo dei campioni e la dinamicità di uno sport che è solo ed esclusivamente veneziano. Il ‘pittore di Venezia’ è sempre in servizio”.