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Terremoto Turchia-Siria, bilancio dei danni ai beni culturali

castello di gazientep prima e dopo il crollo

Un terremoto devastante per il patrimonio culturale di Turchia e Siria

Sono oltre 22mila le vittime del terremoto che ha colpito Turchia e Siria nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 2023. La stima, aggiornata al pomeriggio di venerdì 10 febbraio, è destinata ad aumentare. Il governo turco ha parlato di oltre 5mila edifici distrutti e arrivano conferme di danni al patrimonio storico, artistico e culturale di Turchia e Siria.

Le scosse di terremoto e le oltre 100 di assestamento si sono verificate in un’area considerata culla della civiltà, dove cioè popoli antichissimi sono nati e hanno prosperato, lasciandoci testimonianze preziosissime. Ittiti, Assiri, Persiani, Greci, Romani. A loro appartengono monumenti, edifici, opere d’arte, reperti di ogni tipo che il terremoto potrebbe aver distrutto o rovinato. La conta dei danni è in corso o, in alcune zone, non è ancora cominciata. Il terremoto ha infatti colpito due paesi già prostrati da crisi economiche, povertà, regimi politici problematici e, nel caso della Siria, guerre. Le risorse locali per far fronte all’emergenza sono limitate e l’aiuto dei paesi esteri ha difficoltà ad arrivare. Oltre a ostacoli di ordine politico e burocratico, le già poche e precarie vie di comunicazione, soprattutto verso la Siria, risultano pesantemente danneggiate dal terremoto.

La direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, ha comunque garantito che l’organizzazione sta mobilitando i propri esperti, in collaborazione con l’Icomos, per una prima valutazione dei danni ai siti del patrimonio mondiale. Icomos è l’acronimo per l’inglese International Council on Monuments and Sites, ovvero il Consiglio internazionale per i monumenti e i siti.

La situazione in Siria dopo il terremoto

Sulla Siria si hanno informazioni parziali e in aggiornamento. Azoulay ha parlato di «particolare preoccupazione» per la Città Antica di Aleppo, già martoriata dai bombardamenti.

Secondo quanto riportato dall’agenzia governativa siriana Sana, che cita la Direzione generale delle antichità e dei musei di Damasco, la torre occidentale delle mura è crollata, come molti edifici nel souk (il mercato), mentre è stata danneggiata la cupola del faro della moschea di Ayubi, gli ingressi del castello e parti del Rifugio ottomano. Nella cittadella, patrimonio Unesco dal 1986, sono crollati parte del mulino ottomano e delle mura difensive come il quartiere di Aqaba. Molti danni anche alla porta della torre mamelucca e al minareto della moschea ayyubide. Sembra a rischio, per la presenza di profonde crepe, anche il Museo nazionale.

Nella provincia di Hama è stato danneggiato il castello di Margat, di epoca crociata, mentre la moschea dell’Imam Ismail e il castello di Shmemis hanno subito crolli e fratture. Nella provincia di Tartus è crollata la scogliera vicina al castello di Qados e alcuni edifici all’interno del castello. A Homs sono cadute parti della Grande Moschea di Al-Kasir. Sempre secondo l’agenzia, sono in corso accertamenti sull’antica città di Palmira.

La situazione in Turchia dopo il terremoto

Per quanto riguarda la Turchia, abbiamo a disposizioni maggiori informazioni, che andranno però aggiornate. Il quartiere Gloom della città di Antiochia ha registrato danni. Nella città di Diyarbakir, tra le più colpite dal terremoto, sono collassati diversi edifici appartenenti al sito archeologico della fortezza e dei giardini di Hevsel, importante centro romano, sassanide, bizantino, islamico e ottomano. A Malatya, capoluogo della provincia omonima, la Moschea Yeni ha riportato seri danni, mentre è quasi del tutto distrutta la chiesa dell’Annunciazione di Iskenderun, cattedrale cattolica del XIX secolo.

L’Unesco ha dichiarato di non poter escludere danni ai propri siti di Gobekli Tepe, sede dei megaliti più antichi conosciuti al mondo, del monte Nemrut, che ospita statue giganti parte di un’antica tomba reale, e del neoittita Arslantepe. A Gaziantep, epicentro delle scosse più forti, la Moschea Şirvani, tra le più antiche della città, è stata seriamente danneggiata: cupola e muro orientale sono crollati. Anche la fortezza ha subito gravi danni, ma non è crollata del tutto come riportato da molti giornali italiani.

Crollato il castello di Gaziantep? No

Nei primi giorni dopo il terremoto è circolata molto in Italia la notizia del crollo del castello di Gaziantep. In realtà, l’agenzia di stampa turca Anadolu, che per prima ne ha parlato, era stata chiara nel descrivere i danni. «Alcuni bastioni nelle parti est, sud e sud-est dello storico castello di Gaziantep nel distretto centrale di Şahinbey sono stati distrutti dal terremoto; i detriti sono sparsi sulla strada», aveva comunicato l’agenzia. «Le cancellate di ferro attorno al cortile sono sparse sui marciapiedi circostanti. Anche il muro di contenimento accanto al castello è crollato. In alcuni bastioni sono visibili grosse crepe dopo il terremoto.»

Secondo Anadolu, tuttavia, gran parte del patrimonio museale potrebbe essere andato distrutto nel crollo. Vittime del terremoto sarebbero perciò reperti neolitici, ittiti, romani ed ellenistici, conservati nelle sale riallestite nel 2017, e le lapidi pagane di Zeugma collocate nel giardino della fortezza.

 

La storia del castello di Gaziantep

Il castello di Gaziantep è stato costruito dai Romani tra II e III secolo d.C. su un edificio ittita (II millennio a.C.). Sotto l’impero di Giustiniano (VI secolo d.C.) vennero costruite le mura perimetrali e le torri. Quando nel 1071 i Turchi Selgiuchidi sconfissero i Romani conquistando il territorio, riedificarono la struttura già in declino. Nel 1098 la città divenne proprietà dei crociati cristiani, fino alla conquista araba del 1480.

Sotto il regno dell’imperatore ottomano Suleyman I il Magnifico (XVI secolo), il castello di Gaziantep subì numerose modifiche, ottenendo l’aspetto con cui è arrivato a noi. La fortezza ha mantenuto la sua funzione difensiva fino a inizio Novecento. Dal 1940 è diventata un sito culturale, ospitando il Museo della difesa e dell’eroismo di Gaziantep (in onore alla resistenza dei locali alle truppe francesi nel 1921).

Mxcil, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons
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