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James Barnor: il menestrello della fotografia ghanese al Museo d’arte della Svizzera italiana

a sx: James Barnor Medway College Rochester 1960 1963 stampa gelatina sali argento - a dx: Baby on All Fours Eric Nii Addoquaye Ankhra Ever Young Studio Accra 1952

a sx: James Barnor Medway College Rochester 1960 1963 stampa gelatina sali argento - a dx: Baby on All Fours Eric Nii Addoquaye Ankhra Ever Young Studio Accra 1952

Approda al Museo d’arte della Svizzera italiana “James Barnor: Accra/London – A Retrospective”, la grande mostra dedicata al primo fotoreporter della nazione africana.

Bisogna saper cogliere le opportunità: questo il messaggio che l’arzillo fotografo novantatreenne ha lanciato in occasione dell’apertura della retrospettiva a lui dedicata al MASI di Lugano, nella sede di Palazzo Reali. Fino al 31 luglio 2022 il pubblico potrà infatti ammirare più di 200 scatti provenienti dal vasto archivio personale di Barnor, grazie alla collaborazione con le Serpentine Galleries di Londra che porteranno il suo lavoro anche al Detroit Institute of Arts nella primavera 2023.

“James Barnor: Accra/London – A Retrospective”

Il progetto è a cura di Lizzie Carey-Thomas, capo-curatrice delle Serpentine e Awa Konaté, assistente curatrice presso la Culture Art Society (CAS). Oltre alle foto, sono tantissimi i documenti, le copertine di riviste e dischi, con un’attenzione particolare ai decenni tra il 1950 ed il 1980. Durante la conferenza di presentazione alla domanda di fare un sunto della sua lunga carriera James Barnor ha risposto menzionando la capacità di trovarsi nel “posto giusto al momento giusto”, unita ad una buona dose di coraggio e, aggiungerei io, di indiscussa maestria nel porsi dietro all’obbiettivo. 

La fotografia come chiave per l’esperienza

Altro elemento fondamentale del suo successo è stata l’inesauribile voglia di apprendere: cresciuto in un’abitazione in cui non aveva nemmeno l’acqua corrente, il mezzo fotografico è diventato per lui la chiave di accesso per acquisire esperienza in vari campi senza frequentare i canonici percorsi scolastici. La mostra del MASI si articola cronologicamente nelle varie sale di Palazzo Reali attorno a due nuclei dominanti: gli inizi della carriera del fotografo in Ghana ed i suoi soggiorni londinesi.

James Barnor

James Barnor nasce ad Accra nel 1929, quando la nazione era ancora una colonia britannica. Muove i primi passi nel mondo della fotografia grazie ad un cugino e nel 1953 arriva la svolta: l’apertura di un proprio studio, dal simbolico nome di “Ever Young”. Inizia dunque la sua carriera come ritrattista, facendosi subito notare per l’abilità nel fotografare bambini. Le immagini di questi primi tempi sono cariche di entusiasmo e soprattutto dell’effervescenza che accompagnerà il Paese verso l’indipendenza. 

Ma ben presto al giovane James i tipici fondali colorati, in uso all’epoca, cominciano a stare stretti: macchina fotografica alla mano si muove per le strade documentando ciò che accade. Un vero e proprio cacciatore di racconti. 

Se avevo bisogno di una foto, o di una nuova storia, mi precipitavo al mercato di Makola, dove la gente si comporta in modo più simile a se stessa. […]”.

Ben presto Barnor ottiene un incarico presso il Daily Graphic, diventando il primo fotoreporter del Paese. A lui si devono i celebri scatti raffiguranti il futuro leader dell’indipendenza ghanese Kwame Nkrumah con indosso il berretto PG, Prison Graduate, indossato per protesta dai giovani incarcerati dai colonialisti. 

Mike Eghan Jr. first black DJ in London, at Piccadilly Circus.

James ci mette poco a farsi notare e un ulteriore importante invito non tarda ad arrivare: il fondatore del celebre magazine sudafricano anti-apartheid “Drum”, James R.A. Bailey, lo chiama a Londra. Così nel 1959, come molti altri giovani ghanesi, il fotografo si trasferisce nella City iniziando a documentare la diaspora africana durante gli “Swinging Sixties”. Il suo è uno sguardo schietto, diretto e controcorrente. Le copertine ideate con modelle afro quali Erlin Ibreck e Marie Hallowi segneranno un’epoca.

Durante gli anni londinesi Barnor trova impiego presso il Colour Processing Laboratories, dove ha modo di analizzare le tecniche della fotografia a colori. Entusiasta delle nuove possibilità tecnologiche torna ad Accra per fondare il primo laboratorio di fotografia a colori della nazione. Finalmente le immagini delle decorazioni, delle acconciature, dell’abbigliamento e della moda dell’epoca si animano di cromie: un prezioso archivio visivo per l’intera storia del Ghana.

“Il colore ha davvero cambiato le idee della gente sulla fotografia. Il kente è un tessuto ghanese intrecciato con molti colori diversi e la gente voleva esser fotografata dopo la chiesa o in città indossando questo tessuto [tradizionale]”.

Arrivano quindi anche le prime commissioni commerciali, tra cui nel 1974 un calendario per la compagnia petrolifera AGIP e diverse copertine di dischi. La musica sarà infatti l’altra grande passione di James che fonda addirittura un gruppo (i “Fee Hi”) oltre a sostenerne molti altri. 

Dunque una carriera trascorsa nel segno della creatività a 360 gradi e la passione ancora non si sopisce come testimonia l’impegno in prima persona di James nelle molteplici attività dell’archivio a sostegno dei giovani artisti ghanesi, nonostante viva stabilmente in Gran Bretagna dal 1994. Oltretutto la mostra al Museo d’arte della Svizzera italiana non è una voce fuori dal coro. Da qualche anno a questa parte l’interesse di studiosi e collezionisti internazionali nei confronti della fotografia africana è aumentato a dismisura: da Seydou Keita a Malick Sidibé, da Hassan Hajjaj a Zanele Muholi e Delphine Diallo, le esposizioni dedicate all’esplorazione di questo mezzo espressivo aumentano a dismisura in Europa. L’omaggio a James Barnor era davvero il tassello mancante. 

 

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